E se la scelta di mangiare piu' frutta e verdura potesse salvare il mondo?
Diventare vegetariani potrebbe essere una scelta efficace per contribuire a ridurre l'impatto idrico delle pratiche agricole: l'avvertimento arriva dalla Svezia ed è contenuto in uno studio condotto dai ricercatori della Chalmers University of Technology, come riporta greenstyle.it. Gli scienziati svedesi hanno analizzato soprattutto i rapporti tra evoluzione tecnologica dell'alimentazione e impatto derivante dal consumo di carne, quella bovina in particolare.
L'impatto della produzione di carne appare insostenibile sugli assetti ambientali e climatici, mentre frutta e verdura hanno dalla propria l'arma in più della sostenibilità.
Se infatti è vero che l'agricoltura impiega il 70% delle risorse idriche disponibili (vedi grafico a lato), è vero anche che il consumo idrico per tipologia di cibo è ben diverso nel caso dell'ortofrutta o della carne.
Per comprendere l'importanza che ha l'acqua in tutto ciò che consumiamo, è stato coniato il termine "acqua virtuale", inteso come il volume di acqua che un qualunque bene (o servizio) ha richiesto per la sua produzione. Come spiega il sito barillacfn.com, il termine "virtuale" si riferisce al fatto che la grande maggioranza dell'acqua utilizzata per realizzare il prodotto non è contenuta fisicamente nello stesso, ma è stata consumata durante le diverse fasi della sua produzione, dal campo fino alla tavola.
In particolare, i prodotti dell'allevamento (carne, uova, latte e derivati) presentano un contenuto di acqua virtuale molto elevato, perché gli animali allevati si alimentano con enormi quantità di prodotti coltivati (in aggiunta al consumo diretto di acqua per abbeveraggio ed altre operazioni), nei diversi anni tra la nascita e il momento in cui essi stessi vengono trasformati in alimenti.
Il WWF indica che l'abitante medio del pianeta consuma 1.240 metri cubi l'anno di acqua; un italiano utilizza ogni giorno in media 380 litri di acqua solo per gli scopi domestici, quantitativo che aumenta di 17 volte se si considera anche l'acqua impiegata per produrre ciò che mangiamo e indossiamo. Si arriva a 6.400 litri a testa ogni giorno, 2.334 metri cubi l'anno: questa è l'impronta idrica italiana, che fa guadagnare alla Penisola il quarto posto per il consumo individuale più elevato, preceduto solo dagli abitanti di USA, Grecia e Malesia.
Inoltre, solo il 49% di quest'acqua proviene da risorse italiane: il 51% arriva dall'estero, incorporata nei prodotti che viaggiano sulle rotte del commercio internazionale. L'Italia è il quinto importatore d'acqua del pianeta il che vuol dire che sottraiamo acqua a paesi che ne hanno già poca.
Un individuo utilizza in media dai 2 ai 5 litri d'acqua al giorno per bere, mentre il suo consumo d'acqua virtuale giornaliero per alimentarsi può variare tra 1.500 e 2.600 litri (nel caso di una dieta vegetariana), a circa 4.000-5.400 litri (per una dieta ricca di carne).
Informare adeguatamente il pubblico su questi temi può contribuire ad un diverso orientamento dei consumi, indirizzando positivamente le scelte di acquisto e le modalità di fruizione del cibo, divulgando e affermando l'importanza dell'alimentazione e l'impatto che la scelta dei prodotti alimentari comporta per la salute umana e la vita del nostro pianeta.
Il settore ortofrutticolo dovrebbe farsi maggiormente portavoce delle istanze di sostenibilità che la produzione e il consumo di frutta e verdura portano con sé, oltre alle ricadute in termini di salubrità per i singoli individui e per la collettività nel suo complesso (minori spese sanitarie dovute alle cosiddette malattie del benessere, ad esempio).
La scelta di mangiare più frutta e verdura può davvero contribuire a salvare il mondo preservandone le risorse.