Frutta nelle scuole, qualcosa deve essere rivisto
La prima: il progetto prevede da capitolato l'uso di frutta comunitaria, quindi la Op che ha vinto il bando per l'Emilia Romagna non ha infranto alcuna regola.
Una delle confezioni di albicocche spagnole distribuite in Romagna
Seconda riflessione: per coerenza, non è il massimo dare da mangiare a dei bambini, alcuni fra l'altro figli di quegli agricoltori che fanno fatica a fare reddito, un prodotto non solo estero, ma pure brutto a vedersi, cattivo a mangiarsi e raccolto 8-9 giorni prima rispetto alla consegna.
Terza riflessione: non si deve generalizzare. In tante zone le cose sono andate bene, senza particolari problemi nelle forniture.
Foto d'archivio con il logo Frutta nelle Scuole
Quarta riflessione: se lo scopo del progetto è educare i bambini a mangiare frutta e verdura, non solo si deve fornire un prodotto buono, ma buonissimo. Deve essere il migliore che c'è in circolazione, deve essere appena raccolto o quasi. Quindi deve essere un prodotto costoso. E qui ci si scontra con le gare al ribasso: ecco perché le Op romagnole, le più organizzate a livello nazionale, non hanno partecipato al progetto: non c'erano i margini per dare un servizio all'altezza.
Quinta riflessione: lasciamo la parola a un direttore di azienda del settore ortofrutticolo che ci scritto in email: "Stendo un velo pietoso sulla fornitura di albicocche spagnole ai bambini, romagnoli per giunta. A dirla tutta, in seconda elementare, parliamo di 5 anni fa, a mia figlia hanno dato clementine spagnole cerate, fornite da una Op romagnola, con tanto di additivo riportato in etichetta. La vera verità è che, con i prezzi allucinanti al ribasso con cui si aggiudicano le gare, nessun operatore italiano riesce a fornire il prodotto richiesto. Ho fatto personalmente l'esperienza con un operatore che doveva fornire ciliege; in quella circostanza, neppure con i prezzi riconosciuti al prodotto per l'industria sarebbe riuscito a trovare forniture".
Sesta riflessione: quelle dei genitori. Ne abbiamo ricevute e lette a centinaia. Vi risparmiamo i singoli casi, le micro-esperienze. Sono scandalizzati non solo per la provenienza estera, ma soprattutto per la qualità di quello che i figli ricevono (non tutti e non da tutte le parti, lo ribadiamo).
E poi c'è l'opinione degli insegnanti, chiamati in causa sempre di più a fare i camerieri, servizio catering e sempre meno a insegnare matematica e italiano. Vanno compresi pure loro.
Qui nella foto a fianco è possibile vedere delle albicocche, varietà Ninfa, raccolte 9 giorni prima rispetto a quando sono state date ai ragazzini, cioè sabato 27 maggio. In questo caso, si tratta di albicocche italiane, di Verona, e la foto è stata scattata da una mamma di Piove di Sacco (Padova).
Un frutto è visibilmente colpito da monilia e, in generale, la mamma ci ha scritto che i bambini non mangiano quasi nessuno dei frutti acerbi che vengono loro dati nell'ambito del progetto.
Settima riflessione: il Ministero. Quando le cose vanno bene, il ministro gongola. Questa volta può ben prendersi le sue responsabilità. Il progetto è partito tardi, per colpa della burocrazia, eppure si tratta di una esperienza consolidata negli anni, non di una novità. Auspichiamo che Maurizio Martina si dedichi di più ai problemi della base agricola. Lo abbiamo visto, nell'ultimo anno, impegnatissimo nell'organizzazione del suo partito. Ma il Ministero ha bisogno di una guida 24 ore su 24. Un impegno totale, non nei ritagli di tempo.