Riteniamo che una simile tentazione alla chiusura nei confronti dell'interscambio di prodotti agricoli tra i diversi paesi possa essere assai deleteria e configurarsi come una sorta di "boomerang", che finirebbe per recare più danni che benefici. Come lo stesso Ministro riconosce: "Certamente è vero che il PIL relativo all'agricoltura è cresciuto, ma è altrettanto vero che gli agricoltori italiani guadagnano meno".
Se i nostri agricoltori guadagnano meno, la prima cosa sulla quale interrogarsi dovrebbe essere il "perché" di questo minore guadagno: si scoprirebbe forse che le variabili in gioco sono molteplici e che i sistemi che si vorrebbero affrontare con approcci semplicistici, sono invece caratterizzati da un elevato grado di complessità e di interazione reciproca.
E' impensabile parlare di protezionismo in un Paese da sempre vocato all'esportazione delle proprie eccellenze; il rischio è quello di amare e ben più costose ritorsioni nei confronti dei nostri prodotti nazionali. Un momento di crisi e di difficoltà come questo richiede accortezza, competenza, diplomazia e una maggiore assunzione di responsabilità da parte di tutti gli attori coinvolti a livello decisionale. Procedere tentando di riportare indietro l'orologio della storia e dell'economia è l'ultima delle strade da seguire.