"Gran Bretagna: arriva al pettine il nodo delle "food miles"
Ricordiamo ai nostri lettori che il marchio proposto dalla Soil Association intende mettere all'indice quanti esportano prodotti ortofrutticoli sul mercato britannico con un mezzo - l'aereo - che la Soil Association si ostina a considerare come il più pericoloso responsabile delle emissioni di CO2 (anidride carbonica) nell'atmosfera. Di qui la questione sulle cosiddette "food miles", cioè sulle miglia percorse da un prodotto alimentare per arrivare fin sul mercato.
Finalmente il governo britannico interviene su questa delicata situazione, affermando che un simile "bando" avrebbe conseguenze disastrose per le comunità agricole dei paesi in via di sviluppo, per le quali non esiste concretamente altro mezzo se non il trasporto aereo per inviare frutta e verdura fino in Gran Bretagna.
Anche l'ipotesi di diversificare la "marchiatura" dei vari prodotti ortofrutticoli giunti via aerea in base al grado di sviluppo dei paesi esportatori appare francamente inapplicabile e foriera di ulteriori polemiche. Il ministro inglese per il commercio e lo sviluppo internazionale Gareth Thomas ha dichiarato: "Ci opponiamo ad un bando generalizzato e siamo piuttosto scettici sull'adozione di un bando selettivo. Secondo noi, la Soil Association farebbe molto meglio a lasciare le cose come stanno. Da parte sua, la Soil Association ha dichiarato che "il governo ha grossolanamente semplificato questa tematica".
I dati di fatto parlano comunque chiaro: in Gran Bretagna le importazioni via aerea di prodotti ortofrutticoli riguardano prevalentemente frutta esotica (come ananas e mango, che pesano per oltre il 50%), oltre a piselli, fagioli e insalate. Tutti i principali paesi esportatori di questi prodotti appartengono ad alcune tra le zone più svantaggiate del mondo, come Repubblica Dominicana, Kenya, Ghana ed Egitto.
Tanto per fare un esempio, un bando sul trasporto via aerea dei prodotti inviati dal Kenya porterebbe, in quel paese, alla perdita immediata di 2.500 posti di lavoro nella produzione agricola, con riflessi negativi per oltre 15.000 altri dipendenti del settore.
Fonte: guardian.co.uk