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Il commento della Coldiretti Calabria

"Accuse a Coca-Cola: "Complice nello sfruttamento degli immigrati per la raccolta di arance in Italia"

La Coca-Cola sarebbe complice nello sfruttamento degli extracomunitari che lavorano a giornata nelle campagne calabresi per raccogliere le arance: è la denuncia mossa dalla rivista ambientalista britannica The Ecologist. La multinazionale americana, secondo la rivista inglese, comprerebbe a bassissimo prezzo dalle aziende calabresi la materia prima da trasformare in succo d’arancia concentrato, favorendo, di fatto, lo sfruttamento della manodopera.

Nell’inchiesta pubblicata sulla rivista si scrive che, proprio in questo periodo, circa duemila africani stanno lavorando alla raccolta delle arance nelle campagne calabresi, soprattutto vicino a Rosarno (provincia di Reggio Calabria). Vengono pagati al massimo venticinque euro al giorno per una giornata di lavoro.

La gran parte di questi lavoratori non soltanto vive in baraccopoli, ma spesso è anche costretta a pagare ai caporali un "pizzo" per poter lavorare e raccogliere le arance che vengono usate per produrre il succo usato dalla Coca Cola per bibite come la Fanta. Secondo gli attivisti, il succo concentrato viene pagato 7 centesimi al chilo. Un prezzo troppo basso, tanto che molti agricoltori locali preferiscono lasciare marcire le arance piuttosto che pagare chi le raccolga. E quindi, nella "migliore" delle ipotesi, pagano – molto poco – degli extracomunitari per farlo.

Il commento della Coldiretti Calabria
Come commenta sulla vicenda Pietro Molinaro, Presidente della Coldiretti Calabria: "Dai dati in nostro possesso, il prezzo pagato dalle multinazionali per un Kg di succo concentrato di arance calabresi è così basso, che un litro di aranciata contiene il valore di soli 3 centesimi di euro di arance. Da un Kg di succo concentrato si ottengono 6 litri di succo naturale che consentono di produrre circa 50 litri di bibita al gusto di arancia che contiene, come consentito dalla normativa vigente (del 1961), il 12% di succo di arancia. E’ palese che non vi è quindi un'equa remunerazione all’interno della filiera agrumicola da industria e questo è anche causa di spiacevoli episodi che contribuiscono a danneggiare l’immagine della Calabria, una regione che vuole riscattarsi ed uscire da logiche che non appartengono alla stragrande maggioranza dei suoi cittadini".

"In un'ottica di uno sviluppo possibile e sostenibile, avevamo chiesto con una lettera a tutte le più importanti multinazionali che hanno rapporti commerciali in Calabria, di acquistare il succo concentrato di arance ad un prezzo che consentisse alle industrie di spremitura di pagare le arance ai produttori almeno ad un prezzo minimo di 0,15 centesimi di euro. Poca cosa, riteniamo, per delle multinazionali, le quali tuttavia non hanno rinunciato ai loro proficui margini di guadagno, rispondendoci con il silenzio assoluto!".

"Anzi oggi, dopo il rilancio dello scandalo sulla stampa internazionale, qualcuna di loro, come atto che non esito a definire ritorsivo, ma anche segno di debolezza - e che mi auguro si traduca in una seria riflessione - disdice i contratti! A questo punto è importante fare fronte comune, con un'azione incisiva e decisiva dei nostri parlamentari per l’approvazione della modifica alla Legge, (ci sono due proposte in commissione a firma degli on. Oliverio e d’Ippolito) 3 aprile 1961, n. 286, che stabilisce l’utilizzo nelle bevande al gusto di arancia del 12% di succo concentrato e il regolamento per l’etichettatura obbligatoria sulla provenienza della materia prima".
Data di pubblicazione: