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La riflessione di un operatore

Uva da tavola e nuovi investimenti: c'è chi la pensa diversamente

Negli areali che sono specializzati nella coltivazione di uva da tavola, complice il rinnovamento varietale, sono mesi frenetici, poiché si continua a lavorare per realizzare nuovi ettari o per sostituire quelli già esistenti.

La tendenza a un generale calo dei consumi di frutta e verdura ha fatto però riflettere un operatore della Puglia circa lo squilibrio con il contesto economico e commerciale attuale. Infatti, l'aumento dei prezzi, dovuto soprattutto al clima bizzarro e ai costi di produzione lievitati, ha fatto sì che i consumi si riducessero del 15% in volume negli ultimi due anni. Una flessione che pare proseguire anche in queste prime nove settimane del 2024.

Donato Fanelli, imprenditore agricolo e membro fondatore della Commissione Italiana Uva da Tavola – CUT, sottolinea: "La mia vuole essere soltanto un'esortazione a far riflettere sulla necessità di un equilibrio produttivo-commerciale, in un contesto economico e geopolitico instabile. In Puglia si sta piantando a dismisura, come negli anni 2000. C'è un movimento straordinario, con tanti escavatori impegnati: c'è chi sta estirpando le coltivazioni di uve tradizionali, c'è chi decide di mettere a dimora nuovi impianti su terreni rimasti abbondonati. Abbiamo chiuso l'annata 2023 in modo positivo e questo andamento non ha fatto altro che accelerare le cose: tanto che a novembre tutti i vivaisti di barbatelle avevano già esaurito il materiale vegetale".

"È noto come la crisi in Germania, considerata la locomotiva d'Europa, generi effetti negativi su tutti gli altri Paesi, specie poi se il mercato tedesco rappresenta un punto di riferimento del settore ortofrutticolo italiano. Anche durante la recente fiera Fruit Logistica, uno dei focus è stata la necessità di incrementare le superfici dedicate all'uva e alle drupacee con l'inserimento di nuove varietà, in un arco temporale piuttosto stretto. Ma se il consumo pro capite sembra costantemente diminuire, perché invece investire per aumentare gli ettari di fruttifere? Perché questa strana euforia controcorrente? La riduzione delle quantità consumate di prodotti ortofrutticoli è l'indicatore più preoccupante e non andrebbe sottostimato".

Nei programmi di qualsiasi breeder ci sono centinaia di ettari di uva da dover essere realizzati. "Ogni licenziatario ha in programma dai 120-150 ettari nei prossimi tre/cinque anni - specifica Fanelli - Ovviamente, a essere impegnata con le nuove piantumazioni non è soltanto l'Italia, ma anche Spagna, Grecia e addirittura il Nord Africa. Nel prossimo quinquennio cosa dobbiamo aspettarci, se bisogna rispettare questi piani di investimento? Il tema per i prossimi anni è quindi se esista alla base un piano commerciale e di marketing per valorizzare i futuri raccolti, oppure se tutte queste superfici e quindi le nuove varietà che andranno in produzione saranno semplicemente e banalmente collocate sul mercato. A far tramontare l'uva Italia ci abbiamo messo un secolo. Quanto invece ci metteremo se non ci impegniamo sin da subito come filiera tra breeder, produttori, operatori commerciali e catene di distribuzione per evitare che ciò accada anche per le nuove varietà seedless? Nel 2026 inizieranno a entrare in produzione la maggior parte degli impianti messi a dimora negli ultimi mesi". Chi vivrà, vedrà.