Un prodotto di nicchia, connotato da ottime caratteristiche organolettiche, una cordata di Comuni intenzionati a rilanciarne le vendite presso il pubblico stanziale e turistico, e un evento per riflettere insieme sulle iniziative presenti e future. Questi gli ingredienti dell'incontro promosso dall'Osservatorio agricoltura del Comune di Pescantina (VR) e dalla Valpolicella Benaco Banca dal titolo "La Pesca a Tavola", svoltosi in data 27 luglio 2018, con la sponsorizzazione delle aziende Odorizzi e Salf e il patrocinio dell'Assessorato provinciale all'agricoltura, del Consorzio Pesca di Verona IGP e del Mercato intercomunale Bussolengo e Pescantina.
Sin dai saluti iniziali delle autorità presenti, si è potuto percepire l'amore per una produzione locale, e al contempo l'urgenza di tutelarla e valorizzarla. Il sindaco Luigi Cadura ha illustrato il progetto condiviso dai comuni di Sommacampagna, Bussolengo, Sona, Castelnuovo del Garda, Pescantina, Valeggio sul Mincio e Villafranca, tutti in provincia di Verona, che insieme si stanno adoperando per promuovere il consumo del frutto.
Luigi Cadura
La pesca è una produzione tradizionale del territorio, anche se nel corso dei decenni è stata via via sostituita dal kiwi, il quale pure è oggi in fase di dismissione, con la conversione di molti produttori all'uva da vino. Cadura ha sottolineato che la ragione del progressivo abbandono della pesca veronese è da ricercarsi nella mancata redditività.
La sala dell'evento presso la Villa Quaranta Park Hotel di Pescantina (VR)
Partendo dal presupposto che si tratta di un frutto deperibile, i Comuni del territorio hanno pensato di optare per una promozione del consumo locale e turistico. Ciò ha comportato una parziale modifica nelle modalità di raccolta e lavorazione del frutto: oggi i produttori svolgono una prima lavorazione già in campagna, in modo da presentare confezioni di pesche già pronte per il consumo o per la vendita diretta o tramite ingrosso/ grande distribuzione. Il sindaco di Pescantina ha sottolineato: "Nell'interfacciarsi con la Gdo, i prezzi medi sono risultati soddisfacenti per gli agricoltori, anche se la lavorazione aggiuntiva in campagna comporta qualche sacrificio in più".
Pesche confezionate e presentate a marchio La PrinciPesca
I comuni interessati al progetto di valorizzazione della pesca veronese stanno inoltre lavorando in sinergia con i ristoratori locali: dal primo giugno fino al 10 settembre 2018, in alcuni ristoranti dei comuni coinvolti sarà possibile assaporare gustosi piatti cucinati con la pesca. Del resto, il Lago di Garda attrae un afflusso turistico che assomma ogni anno a circa 15 milioni di presenze. Abituare il consumatore a includere la pesca tra le bellezze naturali locali e nelle attrattive del territorio potrebbe risultare un'importante leva di rilancio.
Gianmaria Tommasi
Il sindaco ha concluso ricordando che è in progetto l'istituzione di una Fondazione proprio per promuovere la pesca locale. A sostegno del progetto la Valpolicella Benaco Banca, il cui vicepresidente Gianmaria Tommasi è intervenuto ricordando che le banche di credito cooperativo sono particolarmente legate ai territori e che il loro primo obiettivo è quello della tutela del risparmio, da reinvestire proprio a livello locale. La banca reinveste sul territorio oltre il 95% delle risorse. "E' solo ragionando insieme che possiamo risolvere i problemi", ha commentato.
I numeri
In apertura dei lavori, Rossella Gigli direttrice di FreshPlaza Italia ha illustrato rapidamente i principali dati sulla produzione italiana di pesche e nettarine. Nel 2018, i quantitativi attesi in Italia sono in calo rispetto al 2017, come un po' in tutta Europa. Per le pesche si prevede una diminuzione del 15% (a 503.000 ton), che scende ulteriormente al -20% per le nettarine (588.000 ton). Su un arco di tempo più ampio, costituito dall'ultimo decennio, emergono alcune importanti tendenze: da una parte, la perdita di un 25% degli areali destinati alla coltivazione di pesche e nettarine in Italia, soprattutto al centro-nord. Contestualmente, a fronte di consumi più o meno stabili nel periodo, sempre intorno alle 250mila tonnellate annue, si riduce di un 26% il volume destinato alle esportazioni.
Rossella Gigli
Le sfide per il futuro sono dunque incentrate proprio sulla crescita del consumo interno, il recupero della quota di esportazione, e la definizione di piani non solo a breve, ma anche a medio-lungo termine. Inoltre, è tempo di interrogarsi sulla valenza effettiva, da un punto di vista dell'incisività commerciale, dei marchi DOP e IGP quando non ulteriormente supportati da azioni mirate.
Cosa desidera il consumatore finale? E la Gdo?
Per chiunque intenda commercializzare qualsiasi prodotto, la domanda da cui partire è che cosa il consumatore finale realmente voglia. Ed è proprio da tale quesito che Salvo Garipoli, esperto della SG Marketing Agroalimentare di Bologna ha preso le mosse per una interessante disamina sulle nuove tendenze in atto nel consumo di frutta e verdura.
Salvo Garipoli
Dall'analisi dei dati Nielsen scaturiti da un'indagine su quello che il consumatore considera come alimento ideale per sé e per la sua famiglia, emergono aspetti decisamente a favore di frutta e verdura. I consumatori infatti considerano valido un prodotto alimentare quando esso è sano (34% del campione), in grado di facilitare la vita (29%), comodo da usare (15%), eticamente sostenibile o ecologico (entrambi fattori indicati dal 28% del campione). Insomma, il prodotto ideale deve fare bene non soltanto a noi, ma anche al territorio e all'ambiente.
Nonostante queste chiare indicazioni, è stata più l'industria degli alimenti trasformati a trarre vantaggio da simili connotati, che sono propri di frutta, verdura e legumi. C'è infatti da considerare anche la crescita del pubblico non solo dei vegetariani (5 milioni stimati di persone in Italia), ma soprattutto dei cosiddetti flexitariani (18 milioni di persone), cioè di coloro che hanno deciso di sostituire in tutto o in parte le proteine animali con quelle vegetali.
Garipoli avverte: "Il consumatore ci sta fornendo chiare indicazioni sul futuro del cibo. Alimentarsi significa sì prestare attenzione agli aspetti salutari, ma senza rinunciare al piacere di mangiare bene. Il tema del gusto è sicuramente centrale. Ma non va dimenticato che un prodotto ortofrutticolo, con tutte le sue caratteristiche di pregio, deve interfacciarsi in primo luogo con il canale della grande distribuzione organizzata. E' il retailer, infatti, il primo a conoscere in dettaglio il comportamento del consumatore, costituendo dunque un canale indispensabile per l'offerta ortofrutticola, e non un ostacolo o un nemico. Serve dialogo, non contrapposizione".
Un momento della relazione di Salvo Garipoli
Oltre dunque a domandarsi quali siano le indicazioni che il consumatore moderno fornisce al settore agroalimentare, l'analisi di SG Marketing si è soffermata anche su quello che la grande distribuzione richiede oggi ai propri fornitori. Ne è emersa una crescente consapevolezza circa l'importanza della comunicazione nel punto vendita, per distinguersi dalla competizione esistente tra le varie catene. Tra gli aspetti segnalati come cruciali figurano: innovazione varietale, territorialità e stagionalità, specializzazione dei fornitori, abbinamento tra prodotto e servizio, freschezza e caratteristiche organolettiche/funzionali degli alimenti.
Il prezzo, tanto nell'ottica del retailer, quanto in quella del consumatore finale, non sembra importante di per sé, bensì è in funzione del valore riconosciuto al singolo prodotto. La stagionalità, la freschezza, la provenienza italiana o locale, risultano per esempio criteri altrettanto importanti del prezzo nella scelta da parte del consumatore.
Diventa dunque vitale cominciare a guardare al mercato in maniera professionale, facendo massa critica sul fronte dell'offerta, interrogandosi su quelle che possono essere le leve comunicative nei confronti del consumatore finale.
"Quando si entra in dettaglio su che cosa dobbiamo comunicare - sottolinea Salvo Garipoli - ci si accorge che emergono i fondamentali, gli aspetti basilari. Il consumatore è interessato a sapere, da dove arriva il prodotto fresco e chi lo ha coltivato, cosa farne, quando è di stagione, come è stato coltivato, come conservarlo nella maniera migliore, e quali benefici e caratteristiche nutrizionali esso possieda. In sostanza, se al consumatore abbiamo fatto capire che frutta e verdura fanno bene alla salute, ora dobbiamo anche sapergli spiegare il perché".
La presentazione ha mostrato, a questo punto, una serie di case history, con esempi provenienti dalla Gran Bretagna, dalla Francia, ma anche dall'Italia. Per una efficace comunicazione nel punto vendita, è ineludibile il ricorso alle confezioni. Sarebbe infatti impensabile apporre messaggi e informazioni sulla frutta sfusa.
Nel caso britannico, ad esempio, l'etichetta non dà nulla per scontato nel parlare al consumatore: non solo viene indicata la polpa della pesca (se bianca o gialla per esempio), ma anche il grado di maturazione e finanche la singola selezione varietale. Nel caso francese, le confezioni propongono una mappa stilizzata del paese con i luoghi di origine del frutto indicati come puntini rossi. Sì specifica inoltre che la frutta è stata raccolta a mano, al giusto grado di maturazione in pianta e si forniscono indicazioni sulle caratteristiche organolettiche e sugli usi in cucina.
Per il caso italiano, Salvo Garipoli ha indicato l'esperienza di Agribologna: le confezioni a marchio Questo l'ho fatto io propongono addirittura il ritratto del singolo produttore, che sulla confezione di frutta ci mette la faccia. Ma il testimonial può essere anche uno chef famoso, oppure uno sportivo.
Interessanti anche gli abbinamenti tra frutta e altri prodotti, come nel caso del connubio pere e parmigiano, oppure pesche e affettati. Le sinergie si possono trovare anche con il settore dell'industria dei trasformati, come nel caso delle merendine con crema alle pesche e nettarine IGP o come per le fettine di pesca già tagliata nelle catene di fast food.
Insomma. basterebbe davvero poco per avviare analoghe iniziative, incanalando correttamente i fondi destinati alla comunicazione verso attività mirate.
"Dobbiamo avere visione del nostro mercato. Aspettarsi risultati diversi facendo sempre le stesse cose non solo è stupido, è inutile. E non abbiamo più tempo da sprecare facendo cose inutili", ha concluso Salvo Garipoli.
Leonardo Odorizzi
Al suo intervento è eseguito un breve commento da parte di Leonardo Odorizzi. L'imprenditore ha ricordato che in Italia esistono ben 122 supermercati e che oggi, dopo decenni di promozione basata solo sul prezzo più basso, hanno l'esigenza di recuperare margini su prodotti di maggiore qualità, anche con varietà di nicchia. Su questo fronte, l'azienda Odorizzi sta lavorando in sinergia con altri imprenditori per rilanciare i consumi interni di frutta, in risposta alle chiusure e alle difficoltà incontrate su molti mercati esteri.
Frutta sana e che fa bene alla salute
Sono seguiti gli interventi dell'agronomo Alessio Giacopini e della nutrizionista Simonetta Montresor.
Il primo ha fornito un excursus sulla difesa integrata, chiarendo che l'Italia ha imposto come obbligo di legge a tutte le aziende agricole questo tipo di lotta alle avversità che colpiscono le piante. L'intento del Legislatore è infatti quello di ridurre al minimo gli interventi antiparassitari solo quando strettamente necessari e solo in base alle valutazioni tecniche o ai bollettini fitosanitari. A questo già elevato livello di lotta integrata obbligatoria, si sommano ulteriori livelli su base volontaria o connessi a determinate certificazioni.
Alessio Giacopini
Ciò che emerso chiaramente dalla disamina di Giacopini è che l'ortofrutticoltura italiana esprime elevati livelli di sicurezza alimentare e di sostenibilità ambientale, già a priori, per legge appunto, senza alcuna necessità di ricorrere al regime biologico per ottenere gli stessi risultati di salubrità e di sanità nei confronti del consumatore finale.
La difesa integrata infatti lavora principalmente sulla prevenzione, e il ricorso alla chimica è sempre l'ultima spiaggia, data la preferenza verso metodi o prodotti non di sintesi. Anche questi ultimi vengono utilizzati sempre in forma notevolmente diluita, come un rischio praticamente irrisorio sulla salute degli operatori e dei consumatori. Un esempio su tutti viene dal consumo pro capite di trattamenti antiparassitari da parte degli agricoltori: esso è misurabile in 1 kg all'anno, Ma va tenuto in considerazione che il 50% di questo dato viene dall'utilizzo di prodotti biologici! Se si pensa che il consumo pro capite, espresso in litri, di carburante soltanto a Verona supera i 500 lt/anno, si può comprendere quanto sia estremamente contenuto l'inquinamento da agrofarmaci nelle produzioni agricole.
Giacopini ha pertanto concluso che quando si vede un atomizzatore in funzione, bisognerebbe pensare prima di giudicare e che se è vero che abbiamo bisogno dell'idraulico o del medico solo alcune volte all'anno, dell'agricoltore abbiamo bisogno tre volte al giorno, perché è colui che ci porta il cibo a tavola.
Simonetta Montresor
La relazione della nutrizionista Simonetta Montresor ha illustrato non soltanto la centralità del consumo di frutta e verdura nella piramide alimentare giornaliera, ricordando la necessità di consumare 5 o 6 porzioni di questi alimenti tutti i giorni, ma ha anche focalizzato l'attenzione sulle caratteristiche nutrizionali della pesca. Un frutto originario della Cina, che giunse poi in Europa tramite la Persia, cosa da cui deriva il suo nome botanico Prunus persica.
In sintesi, la pesca è un frutto a basso valore calorico, idratante, con buone quantità di potassio, di vitamina A e C, carotenoidi, fibre solubili e insolubili . Risulta pertanto il frutto ideale per l'estate; idratante, perfetta come spuntino facilmente digeribile, stimola la formazione della melanina, è un ottimo antiossidante ed è leggermente lassativa.
Stefano Bighelli
Le conclusioni dei lavori sono state affidate a Stefano Bighelli, in veste di vicepresidente di Fruitimprese Veneto, il quale ha dichiarato che sarebbe necessario costituire un tavolo di lavoro, anche coinvolgendo qualche catena della Gdo, per tracciare un percorso comune.
Appoggio e condivisione al progetto di rilancio e valorizzazione è giunta anche dalla Coldiretti locale, per voce del rappresentante, Sig. Girardi
Confidiamo dunque che sentiremo parlare molto presto di ulteriori iniziative della provincia di Verona a sostegno di una delle sue produzioni tradizionali, quale è appunto la pesca.