Nicola Cilento (APOA BRUZIA): il futuro del nostro settore e′ vendere competenza
Nata alla fine degli anni '70, la APOA BRUZIA riuniva inizialmente produttori agrumicoli e orticoli. "Via via - spiega Cilento - si è arrivati a una sempre maggiore specializzazione, derivante dal fatto di operare nella Piana di Sibari, area notoriamente vocata alla produzione agrumicola in generale e delle clementine in particolare. Tant'è che oggi APOA BRUZIA associa prevalentemente produttori di clementine. La superficie complessiva dell'organizzazione conta infatti circa 700 ettari di clementine sui mille coltivati."
In APOA BRUZIA operano circa 200 produttori associati, suddivisi in 3 cooperative maggiori e 15 soci singoli. I quantitativi prodotti sfiorano le 25.000 tonnellate. "La nostra principale destinazione commerciale - dice Cilento - è la grande distribuzione italiana di qualità, come Conad, Despar e il Gruppo Finiper, solo per citare alcuni nomi. Abbiamo constatato che il mercato del centro-nord Italia rimane per noi quello maggiormente remunerativo e dunque per ora destiniamo solo una quota del 10-20% all'esportazione, con principali destinazioni Germania e Paesi dell'Est."
Proprio sull'apertura a est dell'Unione europea, Nicola Cilento esprime la sua visione circa i possibili scenari futuri per il comparto ortofrutticolo: "I nuovi Stati membri saranno coloro che dovranno puntare allo sfruttamento delle proprie risorse agricole per collocarsi attivamente all'interno dell'Unione. Perciò, se l'allargamento dell'UE potrà far bene a taluni settori produttivi, esso potrebbe danneggiare il settore ortofrutticolo, dove è possibile una sorta di "crisi dell'abbondanza".
"E' giunto il tempo che noi Italiani puntiamo non soltanto sul prodotto, ma anche sulle competenze accessorie e necessarie a gestirlo, dal magazzino alla logistica, dalle garanzie di qualità al packaging. Tutte competenze che possono essere facilmente rivendute proprio in quei paesi che si affacciano or ora alla produzione ortofrutticola industriale."
L'esportazione di know-how e di competenze può tuttavia inserirsi solo in un contesto di organizzazione e di forza, come Nicola Cilento osserva: "Purtroppo, specialmente nel sud Italia, esistono tuttora gravi limiti nel processo di aggregazione tra le realtà produttive. Basti pensare che quasi l'80% dei produttori lavora ancora in forma di impresa individuale, con il rischio di trovarsi sempre più isolato e indebolito in uno scenario di crescente globalizzazione. Inoltre non assistiamo a un ricambio generazionale nel settore agricolo: del resto è molto difficile attrarre i giovani verso un mondo nel quale le aziende familiari non hanno più la forza economica di 10 o 15 anni fa, quando di agricoltura si viveva tranquillamente."
Con riferimento alle previsioni per la campagna in vista, Cilento precisa: "La stagione 2007 è partita con temperature un po' troppo elevate, specie a fine giugno, in una fase molto delicata per la formazione dei frutticini di clementina, tanto che si è presentato un più diffuso fenomeno di "cascola" (la caduta spontanea e precoce di frutti dagli alberi). Sempre che settembre non si presenti troppo caldo o troppo piovoso, contiamo quest'anno in quantitativi minori, ma di buona qualità. I problemi climatici ormai sono all'ordine del giorno e il dato più preoccupante è proprio l'irregolarità e instabilità del clima, che alle volte ci mette a dura prova, con sbalzi termici anche di 10 gradi nel giro di pochi giorni."
Per quanto riguarda lo scenario della competizione internazionale, Nicola Cilento osserva: "Non potrei dire, a oggi, che sia la concorrenza spagnola quella che ci preoccupa maggiormente. Anche gli spagnoli ormai scontano più o meno le stesse voci di costo che affrontiamo noi e questo è un riflesso del processo di armonizzazione all'interno dell'Unione europea, pur se rimangono ancora aree di disallineamento, come ad esempio sui residui di fitofarmaci."
"La vera e temibile concorrenza che ci troviamo a fronteggiare è invece quella dei Paesi terzi che si affacciano sul Mediterraneo, come ad esempio la Tunisia. Là i costi di produzione non sono nemmeno lontanamente paragonabili ai nostri, con la conseguenza che la competizione non può partire ad armi pari. Anche la Cina rappresenta per noi un problema potenzialmente colossale e forse dovremmo cavalcare di più e meglio l'attuale diffidenza del consumatore verso il prodotto cinese, visto come invasivo e di scarsa qualità."
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