Gli esportatori africani preoccupati per il veto britannico
La Gran Bretagna rappresenta una delle principali destinazioni per l'esportazione dei prodotti di Kenya e Uganda; se passasse il bando della Soil Association (l'organizzazione che certifica il 75% dei prodotti da agricoltura biologica venduti in Gran Bretagna), i produttori africani verrebbero tagliati fuori da un mercato che ha finora permesso loro di liberarsi da uno stato di assoluta indigenza. Tra l'altro, circa l'80% dei prodotti ortofrutticoli biologici venduti sul mercato britannico provengono dai paesi meno sviluppati del mondo.
La questione delle "food miles"
L'argomento usato come una clava dalla Soil Association, e da altri, è legato all'idea che quanto più lunga è la distanza che un prodotto percorre ("food miles"), tanto maggiore è la quantità di emissioni inquinanti che lascia dietro di sé, soprattutto quando il trasporto è effettuato per via aerea.
Nessuno si è però ancora preso la briga di calcolare il "bilancio gassoso" tra le emissioni di anidride carbonica dovute ai trasporti di un paese e le emissioni di ossigeno dovute al suo patrimonio agricolo e forestale. In questo caso è lecito dubitare se siano davvero i paesi africani o quelli sudamericani a doversi assumere le maggiori responsabilità in termini di inquinamento globale o di effetto serra.