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Le riflessioni di Raffaele Testolin dell'Universita' di Udine

A proposito di batteriosi dell’actinidia

La diffusione drammatica del cancro batterico del kiwi (PSA) in Italia ha risvegliato l’attenzione e le coscienze dei vari attori del sistema. La macchina si sta mettendo in moto, anche se molto più lentamente rispetto ad altri Paesi.

La Nuova Zelanda, dove l’epidemia è scoppiata solamente nell’autunno del 2010, ha già un piano di attività dettagliato, una task force di coordinamento, fondi a disposizione (circa 25 milioni di euro per il momento), un monitoraggio capillare avviato e attività di ricerca e sperimentazione ben pianificate e coordinate.



"Noi abbiamo una intensa attività convegnistica e prese di posizione di politici e amministratori che sembrano più grida manzoniane che altro", dichiara a FreshPlaza Raffaele Testolin, docente di Frutticoltura e Risorse genetichepresso l'Università di Udine. Che continua: "E' vero, il Decreto Ministeriale per gestire l’emergenza c’è, i Servizi Fitosanitari si sono mossi. Credo che a questo punto il problema urgente sia tuttavia il coordinamento, che viene chiesto da tutti, ma ovviamente, mi si perdoni il bisticcio, in maniera scoordinata".

Ecco qualche proposta del prof. Testolin, secondo una scaletta che rispecchia l’urgenza degli argomenti:

1. Risarcimenti per gli espianti e per l'arresto dell'attività vivaistica

"Le Regioni interessate trovino la maniera per armonizzare entità e modalità di erogazione dei contributi agli agricoltori per gli espianti. Se non c’è la garanzia del contributo e non c’è equità di trattamento nelle diverse aree, non c’è speranza che gli agricoltori collaborino nella gestione dell’emergenza. Mi permetto di suggerire alle Amministrazioni regionali di considerare anche i danni per i vivaisti, in particolari quelli per i quali la moltiplicazione del kiwi era l’attività prevalente. Non sono tanti, ma anche loro devono essere messi nella condizione di collaborare per ridurre la diffusione della malattia".

2. Monitoraggio della malattia e disposizioni operative
"E' una attività di competenza dei Servizi Fitosanitari Regionali (SFR) che, a ragion del vero, viene fatta con un certo coordinamento per cui le disposizioni operative relative all’estirpo e la cura degli impianti infetti sono sufficientemente uniformi nelle diverse regioni. I SFR creino un tavolo tecnico di coordinamento "formale" sia per quanto riguarda i protocolli diagnostici, sia per quanto riguarda le indicazioni agli agricoltori che hanno impianti colpiti da PSA. Colgo l’occasione per un commento al DM del 7 febbraio 2011 "Misure di emergenza...", recante norme sulla gestione dell’emergenza. E’ un decreto tecnicamente buono, ma prevede solo sanzioni. Se avesse previsto anche un minimo di assistenza finanziaria, magari in coordinamento con le Regioni, i soggetti colpiti avrebbero apprezzato di più e i tecnici dei SFR sarebbero stati meno in imbarazzo a girare per gli impianti".

"Per quanto riguarda le disposizioni in materia vivaistica, il decreto va rivisto. In particolare l’allegato III che impone i saggi su sette virus e la relativa pulizia delle fonti primarie è un’autentica follia. Per nessuno di questi virus esistono evidenze di impatto negativo sulla coltura, mentre è da dimostrare che la pulizia non esponga la pianta ad altre infezioni, magari ben più gravi. Senza contare i costi per mettere in moto una certificazione del genere. Pensiamoci bene".



3. Protezione degli actinidieti
"E' necessario e urgente un coordinamento per la sperimentazione di prodotti, in particolare elicitori di resistenza e microorganismi antagonisti per evitare da una parte che i kiwicoltori siano alla mercé di venditori con pochi scrupoli (ce ne sono tanti che girano) e per avviare dall’altra un riequilibrio biologico dei giovani actinidieti. Qui devono collaborare i ricercatori, i servizi fitosanitari e le organizzazioni dei produttori sia per l’organizzazione di una sperimentazione corretta ed efficace sia per una informazione 'in tempo reale' agli agricoltori, che spesso, disperati, sono facile preda di chi promette miracoli".

4. Ricerca
"Con le batteriosi si convive. Lo sanno ricercatori e tecnici che hanno lavorato su problemi analoghi di altre specie: uno per tutti 'il colpo di fuoco batterico del melo'. Per questa ragione è importante avviare una ricerca con un respiro temporale adeguato per l’identificazione di linee resistenti/tolleranti, l’avvio di programmi di breeding basati su tali linee, lo studio genetico del batterio ecc. Non c’è niente da inventare. C’è solo da coordinarsi con i ricercatori di altri Paesi (Nuova Zelanda, Cina, Corea) per evitare costi inutili e c’è da rimboccarsi le maniche perché la coltura dell’actinidia in Italia, che ricordiamo muove circa 10 miliardi di euro/anno, non viva di fatalismo come ha fatto finora".

"Ovviamente servono soldi. Il Ministero e le Regioni devono fare la loro parte, ma la devono fare anche i produttori. Il prelievo di un centesimo di euro per chilo di prodotto venduto da destinare alla ricerca può significare 4,3 milioni di euro/anno. In una situazione drammatica come questa, la proposta merita considerazione. Una proposta del genere era stata fatta dai ricercatori nel lontano 1983 ed è stata riproposta inutilmente in tutti questi anni. L’abbiamo detto a tutti i convegni: la coltura dell’actinidia poggia su una ristretta base genetica ed è esposta al rischio di patogeni che potrebbero mettere in serio pericolo la sopravvivenza della cultura stessa. Dovevamo aspettare questo dramma per capire l’importanza della cosa?".



"Per concludere, vorrei tornare sul problema del coordinamento. Sul web si trova una pletora di riferimenti a siti che parlano di PSA dell’actinidia. Pochi sono quelli che veramente possono interessare un agricoltore e fornirgli assistenza. FreshPlaza offre un panorama interessante di ciò che avviene in Italia e nel mondo. Sono certamente informazioni utili. Penso tuttavia ad un sito più tecnico dove si trovano le normative nazionali e regionali, i protocolli per le analisi, le procedure per l’agricoltore che individui un focolaio, le istruzioni per le domande di contributo, informazioni su prodotti di possibile uso per la profilassi, statistiche sulla diffusione e quant’altro. Facciamo confluire su questo sito tutto quello che serve a ricercatori, tecnici, agricoltori, amministratori".

"Un esempio - ha concluso Raffaele Testolin - può essere il sito neozelandese del Kiwifruit Vine Health (www.kvh.org.nz). So che molti condividono queste idee e molti sono disposti ad impegnarsi a vario titolo. Il Ministero prenda l’inizia di tirare le fila".