Resoconto delle visite guidate ai nuovi impianti di pesco in Catalogna (Spagna)
Il "Vaso Catalano" sta suscitando, negli ultimi anni, forti interessi anche tra i peschicoltori del Sud Italia. I tecnici del Consorzio Vivaisti Lucani di Scanzano Jonico (provincia di Matera), per meglio comprendere le ragioni della rapida evoluzione di questa pratica, si sono recati in visita presso alcuni impianti nella zona di origine, a Lleida in Catalogna, a circa duecento chilometri a Nord-Ovest di Barcellona (Spagna), avvalendosi della disponibilità di alcuni frutticoltori del posto.
Il "Vaso Catalano" sta suscitando, negli ultimi anni, forti interessi anche tra i peschicoltori del Sud Italia. In foto, il Prof. Davide Neri dell'Università Politecnica delle Marche (Ancona), tra i maggiori esperti in Italia di forme di allevamento delle specie da frutto, durante una giornata tecnica sul "Vaso Catalano", organizzata nel metapontino (provincia di Matera), dal Consorzio Vivaisti Lucani.
Il "Vaso Catalano" non può essere definito una "forma di allevamento" in senso stretto, assoggettata a principi e/o schemi rigidi, ma una "metodologia" di gestione della chioma molto aperta all'interpretazione, il cui fine ultimo è l'ottimizzazione del rapporto tra risultati produttivi e costi di conduzione dell'impianto.
I concetti di base adottati dai peschicoltori catalani sono "semplicità" e "libertà".
Il "Vaso Catalano" non può essere definito una "forma di allevamento" in senso stretto, assoggettata a principi e/o schemi rigidi, ma una "metodologia" di gestione della chioma molto aperta all'interpretazione.
Gli obiettivi da perseguire sono la riduzione dei costi di gestione dell'impianto, la precoce entrata in produzione delle piante, l'aumento delle rese unitarie, il miglioramento della qualità dei frutti e l'incremento dell'efficienza delle operazioni colturali, attraverso la "gestione da terra" delle pianta che non superano i due metri di altezza.
L'elevata densità di impianto, quasi mille piante per ettaro, poste a 4,50 m tra le file x 2,50 m sulla fila, rappresenta uno dei punti di forza dell'impianto la cui durata, in termini di convenienza economica, non deve supera dieci-dodici anni.
L'altezza della pianta, massimo 2,50 m da terra, e l'elevata densità di impianto, quasi mille piante per ettaro, poste a 4,50 m tra le file x 2,50 m sulla fila, rappresentano i punti di forza dell'impianto la cui durata, in termini di convenienza economica, non deve supera dieci-dodici anni.
L'estrema esemplificazione, rispetto ai metodi classici di allevamento del pesco, porta alla costituzione una pianta compatta, composta da un tronco, di trenta centimetri di altezza, da cui si diparte, inizialmente, un numero indefinito, fino a venti, di branche principali, destinate ad essere progressivamente ridotte a quattro-cinque, nel corso dei primi sei anni, preferendo quelle orientate trasversalmente alla direzione del filare. Sulle branche principali sono direttamente disposte le formazioni fruttifere, selezionate tra i "rami misti" più robusti.
Molto importante nei primi anni, durante la fase della spinta vegetativa del periodo primaverile-estivo, è l'effetto esercitato dal "topping", realizzato quasi sempre con l'ausilio di barre falcianti.
Molto importante nei primi anni, durante la fase della spinta vegetativa del periodo primaverile-estivo, è l'effetto esercitato dal "topping", realizzato quasi sempre con l'ausilio di barre falcianti. Le periodiche interruzioni, ("topping" ogni 50-60 cm di nuova vegetazione), del vigore dei germogli ad accrescimento verticale stimolano l'emissione di rami anticipati. Il risultato del "topping" è la formazione di una pianta "cespugliforme" costituita da una "rosa" di branche principali, fino a 15-20, su cui sono inserite direttamente le formazioni fruttifere, rami misti, già predisposte alla produzione.
Il risultato del "topping" è la formazione di piante cespugliformi costituite da una "rosa" (fino a 15-20) di branche principali su cui sono inserite direttamente le formazioni fruttifere, "rami misti" già predisposti alla produzione.
Nel corso degli anni, gli interventi di potatura si baseranno su una progressiva selezione delle strutture portanti, favorendo le branche principali esterne inclinate, e sul continuo rinnovo dei "rami misti", attraverso le "speronature" di rami vigorosi e/o esausti.
Negli anni gli interventi di potatura si baseranno su una progressiva selezione delle strutture portanti (branche principali) e sul continuo rinnovo dei "rami misti" attraverso le "speronature" di rami vigorosi e/o esausti.
Sul risultato finale anche la tipologia di portinnesto gioca un ruolo decisivo. Molto interessanti sono le risposte ottenute con i portinnesti, di nuova introduzione, della serie ROOTPAC, selezionati da Agromillora Iberica. In particolare gli ibridi susinoXmandorlo, ROOTPAC R e ROOTPAC 20, sono risultati adatti alle elevate densità di impianto e ai terreni stanchi e difficili, con alto contenuto in calcare attivo e con problematiche legate alla presenza di organismi nocivi (Armillaria e Nematodi).
Non mancano anche modelli di conduzione "ultra futuristici". Piante di pesco (in foto) poste ad un metro sulla fila, con un investimento di oltre duemila piante per ettaro, allevate a "monoasse verticale", da cui si dipartono numerosi speroni, di lunghezza decrescente, dal basso verso l'alto, forniti di ramificazioni a frutto.
L'argomento "Vaso Catalano" sarà oggetto di approfondimento. Prossimamente saranno pubblicati reportage fotografici e video realizzati nel corso delle giornate studio, organizzate dal Consorzio Vivaisti Lucani, a cura dell'Agronomo Vito Vitelli, in Italia e all'estero, in collaborazione con vari specialisti del settore.
Si ringrazia, per la gentile disponibilità alle visite guidate, i frutticoltori di Lleida, Catalogna-Spagna, XAVIER FERRER (La Portella), PERE MAGRI (Algerri) e SISCO PALAU (Soses).
Per maggiori informazioni:
Dott. Vito Vitelli
CONSORZIO VIVAISTI LUCANI
Via Enrico Mattei, 28
75020 Scanzano Jonico (MT)
Tel./Fax: (+39) 0835 954775
Cell.: (+39) 339 2511629
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