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Actinidia: la lotta al batterio Psa tra pirodiserbo, nuove sostanze e il catasto italiano del kiwi

Nel giorno conclusivo del Macfrut 2014 due dei convegni in programma sono stati dedicati a Psa-Pseudomonas syringae pv actinidiae, il batterio flagello del kiwi e alle nuove possibili soluzioni per conviverci. Nella mattina di venerdì 26 settembre 2014 si è tenuto il seminario "Indicazioni operative per il contenimento delle batteriosi", promosso dalla Iko-Hydro srl; al pomeriggio è stata la volta di "La batteriosi dell'actinidia: è possibile la convivenza".

"Non bisogna commettete l'errore – ha spiegato Marco Scortichini, dell'Unità di Ricerca per la Frutticoltura del CRA di Caserta - di credere che Psa non ci sia, anche se per un po' non ne vedete i sintomi: dobbiamo conviverci", e regolarci di conseguenza. Così oggigiorno sono diverse le soluzioni sperimentate per contenere la malattia. Oltre alle buone prassi di gestione agronomica, la ricerca punta oggi su nuovi macchinari, nuovi fitofarmaci, così come sulla conoscenza, o meglio sulla conoscenza del "fenomeno kiwi in Italia".


Nella foto, Marco Scortichini, del CRA, durante l'intervento nel pomeriggio, al Macfrut.

La batteriosi si combatte con il fuoco
Come noto, il batterio Psa è in grado di diffondersi anche dagli stralci malati, così le Officine Mingozzi di Ferrara, con la collaborazione di Luciano Trentini del CSO di Ferrara, hanno messo a punto una macchina per il pirodiserbo studiata ad hoc per questa malattia vegetale.

"In laboratorio – ha spiegato Trentini – abbiamo visto per quanto tempo lo sfalcio dovesse bruciare per ridurre a zero la presenza del batterio: per pezzi di legno da 3-5 centimetri bastano 2-4 secondi di caldo intenso". Così, riapplicando una tecnologia già usata nelle serre e nel post raccolta dell'asparago per ridurre i rischi di ruggine, è stata messa a punto una macchina per il pirodiserbo dei focolai di Psa, macchina che presentata in occasione de Macfrut, nello stand aziendale delle Officine Mingozzi.

"Si tratta sostanzialmente di una trincia accoppiata a un bruciatore", ha continuato Trentini. Gli sfalci e le potature vengono ammassate e la macchina ci passa sopra: "La trincia frantuma il legno in pezzettini di pochi centimetri, poi passa il bruciatore alimentato a gpl. La macchina viaggia a una velocità tra 0,75 e 1,5 chilometri orari; al termine del suo passaggio, del legno non è rimasto nulla, così come non è rimasto nulla dell'infezione, mentre l'erba sottostante non ha praticamente subito danni, perché la temperatura è sì elevata, ma i tempi di esposizione sono troppo bassi perché bruci".


Il secondo convegno dedicato alla batteriosi durante il Macfrut. Da sinistra a destra: la moderatrice dell'incontro, Elisa Lupotto (CRA), Luciano Trentini (CSO), Marco Mingozzi (Officine Mingozzi), Loredana Antoniacci (Servizio Fitosanitario dell'Emilia-Romagna) e Marco Scortichini (CRA).

"Questa non è ovviamente la soluzione di tutti i mali – ha precisato Marco Mingozzi, delle omonime officine – ma aiuta e sterilizza pure il terreno dove passa. L'inoculo della malattia viene abbattuto talmente tanto che nel tempo la possibilità una ricaduta crolla".

Nuovi usi di vecchie sostanze: i chitosani
Ma nella lotta alla malattia che ad oggi non ha praticamente fitofarmaci antagonisti si cercano pure medicinali per curare piante malate. Un esempio potrebbero essere i chitosani: una famiglia di sostanze scoperte 150 anni fa e oggi molto usate nell'industria della carta, in quella tessile, per la purificazione delle acque reflue, nella produzione di imballaggi per alimenti.

"Le loro caratteristiche – ha spiegato Marina Collina, ricercatrice del Dipartimento di Scienze Agrarie dell'Università di Bologna – variano a seconda del loro grado di deacidificazione. Sono attivatori dei processi difensivi delle piante, formano film sulle superfici trattate e svolgono un'attività antimicrobica su funghi, alghe e batteri, così come bloccano la produzione di tossine e inibiscono vari enzimi". Sul loro uso in post raccolta si sa molto, essendo impiegati per formare film sulla superficie delle derrate alimentari, come ritardanti della maturazione, allungando così la shelf-life dei prodotti, e come antibatteri.

Tuttavia, ha ripreso la ricercatrice, "della loro efficacia in pre-raccolta si sa poco. Il chitosano è classificato come integratore alimentare e nel 2011 la Chipro ha chiesto all'UE di approvare il suo chitosano cloridrato, sostanza che dall'1 luglio 2014 è di fatto sostanza di base, mentre tutti gli altri chitosani sono classificati ad oggi come concimi".


Il pubblico presente al convegno.

Nel Lazio, più precisamente a Cisterna di Latina, il chitosano è stato testato dal CRA per combattere Psa e il suo diffondersi, con risultati interessanti: "Ha funzionato praticamente sempre – ha spiegato Marco Scortichini, autore della ricerca - ma meno sui fiori; non riduce la pezzatura dei frutti e i risultati maggiori li ha dati sulle maculature e sull'avvizzimento dei rami. Offre degli spunti interessanti ed efficaci per combattere la malattia".

Conoscere il kiwi
Un'attività importante, che pure ha un risvolto nella lotta alla batteriosi dell'actinidia, è la creazione di un catasto italiano della produzione di kiwi, portato avanti dal CSO. "Lo scopo – ha spiegato Trentini – è quello di mappare la presenza del kiwi in Italia. Per farlo stiamo usando i dati delle OP, obbligate a tenere un registro, oltre a quelli delle Regioni per recuperare i numeri delle aziende che non aderiscono alle OP; ci aiutano anche i contatti con gli esperti sul territorio nazionale. Ad oggi si è al 60% della mappatura, con 5.503 aziende rilevate. Ma già dai vari dati è possibile affermare che gli impianti sono tendenzialmente vecchi, con un'età media di 15 anni, che il classico kiwi Hayward è la varietà predominante e che sta crescendo l'interesse per il kiwi giallo".


Nella foto Luciano Trentini del CSO durante il suo intervento al convegno "La batteriosi dell'actinidia: è possibile la convivenza".

Il catasto del kiwi fa parte del progetto Interact, finanziato dal Mipaaf e coordinato dal CRA: ha come obbiettivo principale quello di fornire un supporto tecnico ed un coordinamento per arrivare alla definizione di una strategia nazionale per a contrastare la diffusione del cancro batterico dell'actinidia.