Cibo etico, trasparente e a prezzo equo: Coop indica la dieta del futuro
Una fotografia scattata grazie al coinvolgimento di 6.400 persone tra i 18 e i 54 anni di eta', dalla quale emerge un quadro variegato delle differenti culture alimentari attuali nei diversi Paesi, legate a stili e consapevolezze diverse (gli italiani la fanno da padroni sulla percezione del cibo come piacere unito al gusto della convivialità e a un pizzico di tradizione). Ma, se dal presente ci si muove verso il "domani", si registrano forti e imprevedibili allineamenti.
Il 2015: globale ma non troppo
Sulla via della globalizzazione ma al tempo stesso caratterizzati da un proprio stile alimentare, come dichiara quasi la meta' del campione (esattamente il 45%). E' il primo macroscopico dato.
Le forti differenze nell'approccio al cibo iniziano fin dalla preparazione del pasto, a cui si dedica in media 1,3 ore al giorno, ma con valori nettamente più alti per Paesi come il Brasile (1,7 ore), l'India e la Russia. Gli italiani non sono da meno (1,4 ore) e si distaccano in questo dai vicini europei. Analogamente si mostrano meno attratti dal take-away e dal consumare cibo fuori casa. La vocazione all'home-made è in qualche modo giustificata dalla poliedricità della dieta italiana, affine a quella cinese e indiana con una varietà di utilizzo di carboidrati, di frutta e verdura. Il consumo di carne si concentra invece nei Paesi anglosassoni, ma anche in Cina e Brasile.
D'altro canto emergono anche stili alimentari alternativi: i Foodies (alimenti tipici e di qualità) sono il 13% ma occupano posizioni di rilevo anche la dieta ipocalorica (10%), il credo salutista (10%), vegano (8%) o biologico (8%).
Solo una minima parte del Pianeta sembra restia alla contaminazione, se è vero che appena il 22% del campione dichiara di non mangiare mai cibo etnico e quasi un quarto afferma invece di consumarlo spesso. Il 90% di tedeschi e inglesi dichiara infatti di mangiare etnico spesso o qualche volta, i più diffidenti sono i brasiliani e gli italiani.
E' inevitabile che, a seconda delle latitudini, le differenze si amplifichino: l'India svetta su tutti, con l'84% dei suoi cittadini che ammette di avere a tavola un comportamento particolare. Se il 31% subisce l'influenza del Paese e il 21% della religione, è qui che il credo vegetariano o vegano affonda le sue radici tanto da professarsi tale il 35% del campione.
Anche il Brasile supera la media, con il 51% dei suoi cittadini votati a stili alimentari (qui la tradizione e il localismo dominano), i cinesi e i tedeschi si professano invece più "reducetariani" (coloro che riducono il quantitativo di carne - cfr. FreshPlaza del 20/01/2015) della media, il 14% dei russi si sottopone a diete salutiste e i vegetariani o vegani, pur in minoranza, sono l'8% degli abitanti del Regno Unito. Dall'essere vegano poi al consumare vegano si nota una evidente difformità: l'8% del campione si dichiara tale, ma ad acquistare prodotti vegani è una cifra ben più consistente pari al 20% e la stessa differenza si nota per il biologico (33%) e per i cibi etici (17%).
Certamente differenti sono anche i significati che le diverse culture nazionali cercano nel cibo (vedi grafico sopra). Nei paesi di cultura anglosassone emerge una concezione razionale del cibo come nutrimento e benessere, mentre il tema salutistico e' l'elemento di maggiore significato per cinesi, indiani e brasiliani. I tedeschi sembrano bilanciare con più nettezza nutrimento e piacere. E gli italiani si confermano votati al cibo come piacere unito al gusto della convivialità e a un pizzico di tradizione.
Il 2050: il futuro è roseo
Alla domanda su come sarà il futuro del Pianeta il mondo professa il suo ottimismo: per il 15% del campione la situazione potrebbe decisamente migliorare e il 32% seppur più cauto conferma il dato sul miglioramento, solo il 7% si dichiara inguaribilmente pessimista. Qui però non tutti la vedono allo stesso modo e sorridono al futuro invece i Paesi che godono di una condizione attuale più favorevole e sono economie e società in ascesa: la Cina (84% di giudizi positivi sul futuro) e l'India 74%, decisamente più cauti gli abitanti del vecchio Continente. E su tutti a vedere il bicchiere mezzo vuoto più degli altri sono proprio gli italiani: la quota dei pessimisti assoluti si attesta sul 12% seguita dal 9% di tedeschi e inglesi.
Tutti però si mostrano consapevoli del cambiamento che ci aspetta quando si parla di cibo: solo il 2% afferma che non ci saranno cambiamenti in futuro, per il 46% invece sarà molto diverso, per il 18% radicalmente diverso e per la rimanente parte (un buon 34%) comunque cambierà anche se solo in parte. Ed è veramente sorprendente come tale consapevolezza accomuni i cittadini di tutto il mondo.
Il cibo del futuro
L'esatta metà del campione chiama in causa le nuove tecnologie come il fattore che farà la differenza (soprattutto per russi e cinesi ma è comunque un dato comune). Il mondo però mostra anche una straordinaria "coscienza verde": il 42% indica nei mutamenti climatici la causa primaria del cambiamento e il 34% affina il tiro individuando come causa l'inquinamento e la disponibilità delle risorse naturali. Il 30% infine non dimentica l'aumento della popolazione e di conseguenza la minore disponibilità di cibo.
Questi fattori di cambiamento, nella percezione del campione intervistato, impatteranno significativamente soprattutto sulla naturalità del cibo (64%) sulla sua qualità e sicurezza (62%), sulla stessa tipologia di alimenti (60%).
Proprio l'attesa di tali forti cambiamenti induce specifici timori (vedi grafico sopra) sulla manipolazione degli alimenti che mangeremo (60%) e sugli effetti indotti dall'inquinamento ambientale (53%). In alcuni Paesi prevalgono al contrario i timori di un innalzamento del costo del cibo (Usa 57% Brasile 61%), un cibo meno democratico e solo per pochi, e del rischio di una futura scarsità alimentare (Brasile 63%). Il 72% del campione mostra infine piena consapevolezza sulla diffusione del cibo Ogm.
Peraltro a livello mondiale i consumatori intervistati non prevedono una riduzione delle quantità consumate (solo nel Regno Unito e Germania si pronostica una riduzione nella frequenza di consumo di carne) mentre la dieta sembra spostarsi su una maggiore varietà con maggior ricorso a carboidrati, frutta e verdura (vedi tabella sotto).
Il cibo di domani sarà quindi manipolato dalla tecnologia, certamente pratico e veloce, nutrizionalmente bilanciato e si rafforzeranno stili alimentari globali. In questo i consumatori dimostrano una inaspettata disponibilità al cambiamento, trasversale ai diversi contesti nazionali.
L'80% degli intervistati non ha preclusione per cibarsi di alghe, il 75% accetta il cibo prodotto in laboratorio. Più della metà del campione inoltre si dichiara disponibile a mangiare la carne sintetica e gli insetti: i più eclettici e inclini al cambiamento sono gli indiani, poi i cinesi e i brasiliani, ma anche un 70% di italiani potrebbe provare il cibo in pillole e il 44% dei nostri connazionali non si tirerebbe indietro di fronte a un insetto.
Quando è stato chiesto al campione di immaginare un supermercato del futuro, la risposta sembra indicare proprio quanto Coop ha creato nel Future Food District di Expo. Il 42% (vedi grafico sopra) infatti confessa la sua predilezione per i temi della freschezza e della naturalità e si aspetta di trovare tra le corsie piccole serre e allevamenti, il 37% vorrebbe conoscere la storia del prodotto, il 30% lo vorrebbe a sua immagine e somiglianza. E per il 16% la presenza di un robot come assistente per la spesa non guasterebbe.