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La campagna per l'agricoltura sostenibile di Greenpeace prende di mira la melicoltura europea

"Chiediamo ai paesi dell'Unione europea di bandire i pesticidi chimici di sintesi dalle coltivazioni e di indirizzare i sussidi a sostegno di pratiche ecologiche, tutelando così la salute degli agricoltori, delle acque e del suolo". Questa la drastica proposta di Greenpeace all'indomani della pubblicazione del rapporto dal titolo: "Il gusto amaro della produzione intensiva di mele. Un'analisi dei pesticidi nei meleti europei e di come soluzioni ecologiche possono fare la differenza".

Secondo l'associazione ambientalista, infatti, all'inizio del periodo di fioritura dei meleti europei, su un totale di 85 campioni raccolti (49 di suolo e 36 di acqua provenienti da meleti intensivi) sono stati trovati 53 pesticidi diversi: il 78% dei prelievi di suolo e il 72% dei prelievi di acqua contenevano residui di almeno un pesticida. E il 70% dei pesticidi individuati ha un'elevata tossicità per gli esseri umani o per l'ambiente.

Il più alto numero di pesticidi nel suolo è stato trovato da Greenpeace in Italia (18 in totale su 3 campioni raccolti); seguono il Belgio (15 su 3 campioni) e la Francia (13 su 6 campioni). Per quanto riguarda l'acqua, invece, i valori maggiori sono stati registrati in Polonia (13 pesticidi su 3 campioni), Slovacchia (12 su 3 campioni) e Italia (10 su 2 campioni).

Ci sembra che il numero di campioni raccolti sia un po' troppo esiguo per arrivare a conclusioni allarmistiche circa lo stato di sostenibilità ambientale delle produzioni melicole europee. Ci aspettiamo che il settore ortofrutticolo professionale sappia far valere le proprie ragioni in questa querelle, tanto più che coinvolge la pubblica opinione.