"HollandBio: "L'UE rischia di mettere il freno all'innovazione genetica in agricoltura"
La scoperta del DNA negli anni '70 ha promosso la crescita di nuove tecniche, utilizzate per velocizzare il processo di miglioramento genetico. L'introduzione sul mercato di prodotti ottenuti con queste tecniche, secondo Irma, non è però ancora facile. "In questo momento, la legislazione europea si basa ancora principalmente su una delle prime tecniche, cioè la modificazione genetica per transgenesi (OGM)".
I prodotti ottenuti con questa tecnica sono definiti OGM, organismi geneticamente modificati. "I prodotti OGM più conosciuti sono il e mais e la soia BT, resistenti agli attacchi dei parassiti. L'Europa ha mostrato una grande difficoltà nell'accettare queste colture. Secondo me, la ritrosia nei confronti degli OGM è soprattuttodi carattere emotivo-etico, ma senza alcun reale fondamento scientifico. Nei fatti, la resa delle colture OGM è più alta del 21,6% ed esse richiedono il 36,9% in meno di fitofarmaci. Inoltre, dalle cifre pare che rendano il 68,2% in più ai coltivatori. Inoltre, è possibile migliorare la qualità e il valore nutrizionale delle colture attraverso le nuove tecniche. Dato che in laboratorio è possibile ricreare condizioni non presenti in natura, il miglioramento genetico e varietale può incrementare anche la biodiversità".
L'iter di autorizzazione per l'immissione sul mercato di prodotti OGM
Una volta fuori dal laboratorio, comincia il lungo percorso autorizzativo per poter introdurre sul mercato le innovazioni varietali biotech. Irma ha illustrato il faticoso iter esistente negli uffici europei: "Dopo l'approvazione dell'autorità, la Commissione Europea propone un format di approvazione per poi girarlo ai comitati dei singoli Stati. Se non si riesce ad arrivare a una decisione, la proposta passa attraverso un Consiglio di Ministri che la restituisce alla Commissione Europea per la decisione finale. Benché la durata per questo iter sia di un anno e mezzo, lo standard è ben superiore. Perciò il periodo medio è arrivato a una media di ben6,5 anni! Questo vale anche per l'import di prodotti OGM utilizzati come foraggio e prodotti alimentari trasformati. Le richieste per un'eventuale coltivazione durano persino di più, precisamente dai 10 ai 12 anni!". I generi alimentati che contengono oltre lo 0,9% di prodotti geneticamente modificati devono precisarlo in etichetta.
Negli ultimi anni sono state sviluppate nuove tecniche di sviluppo genetico (vedasi la cisgenesi o il gene editing) che richiederebbero anche un nuovo quadro legislativo per l'ammissione sul mercato. "L'iter in questi casi, sebbene paragonabile a quello usato per le tecniche di modificazione genetica, generalmente richiede meno tempo. Sono due i percorsi d'applicazione che si possono seguire, uno completo e uno abbreviato. Nel processo abbreviato, lo sviluppatore deve inoltrare solo un avviso. Un requisito per questa procedura è che il nuovo prodotto deve essere paragonabile a un altro già presente sul mercato. Se non è questo il caso, allora sarà seguita la procedura più lunga, che impiega da 2 a 6 anni circa. Il vantaggio di questi percorsi è che al prodotto viene risparmiata l'associazione negativa con la modificazione genetica".
Innovazione ostacolata
In ogni caso, sottolinea Irma: "Sia la durata del processo di approvazione che la trafila burocratica sia l'immagine negativa degli OGM in Europa possono scoraggiare le aziende dall'intraprendere metodiche avanzate di sviluppo. Anche se oggi in Europa si discute su come velocizzare i processi di autorizzazioni, le procedure decisionali sono molto lente. Peccato, perché ci sono molte aziende che hanno già rinunciato e questo significa che l'innovazione nel campo dello sviluppo genetico si è fermata".