Umbria: si sperimenta la coltivazione intensiva del noce
Ad oggi l'Italia importa il 90% delle noci che consuma. Precisamente, dalla California. Sull'altro piatto della bilancia ci sono i forti consumi: 45 milioni di chili ogni anno. Per riequilibrare l'attuale sbilancio tra import ed export, alcuni ricercatori italiani hanno avviato un progetto, partendo proprio dall'Umbria.
Si chiama "Pronostico", acronimo di "Produzione nocicoltura sui terreni irrigui coltivati". Una sperimentazione che ha visto come partner l'Istituto di Biologia Agroalimentare e Forestale del CNR, l'azienda vivaistica regionale UmbraFlor (che con i suoi 2.000 ettari è la più grande realtà di produzione vivaistica della regione), il Parco Tecnologico Agroalimentare dell'Umbria e la Fondazione per l'Istruzione Agraria in Perugia.
Iniziato a marzo scorso e durato fino al mese di ottobre, il progetto ha già dato i primi significativi risultati che sono stati presentati lo scorso 11 novembre alla Rocca di Casilina (Deruta - provincia di Perugia).
Gli step del progetto
Dopo aver individuato i terreni dove procedere all'impianto delle varietà di noce da frutto adatte alla frutticoltura intensiva, scelte tra quelle di maggiori rilevanza a livello mondiale, sono state impiantate 200 piante in blocchi randomizzati, vale a dire in gruppi ripetuti in maniera casuale, per non avere interferenza con l'ambiente. Quindi, nei vari mesi (da marzo a ottobre) i ricercatori e gli agronomi hanno compiuto test genetici di varietà/cultivar commerciali di noci da frutto per arrivare ad una selezione delle piante che rispondevano meglio alle caratteristiche di quel terreno.
Nella presentazione del progetto si legge che "la valutazione preliminare sulle cultivar più adatte per la nocicoltura intensiva si prevede possa espandersi prossimamente nelle valli umbre precedentemente caratterizzate dalla presenza della coltivazione del tabacco".