"Treviso Radicchio"... ma e' australiano doc"
A segnalare l'ennesima frode ai danni dell'agroalimentare italiano è Mirco Battistella, un ragazzo di Godega (già produttore di Prosecco, e quindi esperto di tarocchi dai nomi improbabili) che da qualche anno vive e lavora in Australia. Ha visto la confezione sugli scaffali di un supermercato e ha scattato una foto con il suo smartphone: "Un radicchio di Treviso made in Cangurandia! Venduto in centro a Sydney nel reparto Italian Food di un noto supermercato gourmet".
A conoscenza della notizia anche Paolo Manzan (foto a lato), presidente del Consorzio di tutela del Radicchio rosso di Treviso e Variegato di Castelfranco Igp. "Non c'è verso di difendere il marchio Igp fuori dalla Comunità Europea. Vogliamo vedere il bicchiere mezzo pieno? Beh, se lo conoscono anche a Sidney, significa che il nostro marchio è affermato".
Il Consorzio è in continua crescita: +20-25% ogni anno, con una produzione di circa 60mila tonnellate nel 2014, proveniente da 120 aziende produttrici, di dimensioni medio-grandi, concentrate soprattutto fra Treviso e Castelfranco. L'80% del prodotto si vende soprattutto in Veneto, ma Nord Europa, Austria e Germania soprattutto, mangiano sempre più radicchio.
Se all'estero ci copiano con questa facilità, però, qualche colpa ce l'hanno anche i trevigiani. "Qualche giorno fa - racconta Manzan - ho chiesto ad alcuni ospiti quanti conoscessero la tecnica dell'imbianchimento. Quasi nessuno sa cosa sia, nemmeno fra i trevigiani che apprezzano il loro radicchio. Eppure è ciò che caratterizza il nostro radicchio, che dopo la raccolta in campo viene lasciato per 17-18 giorni nelle vasche, per ricrescere all'interno. In Australia, invece, il radicchio viene coperto direttamente con un telo sul campo, per sfruttare l'evaporazione: ne esce un procedimento che abbassa la qualità ma riduce i costi".