
L'evoluzione del mercato richiede alle imprese di sapersi organizzare per rispondere adeguatamente alle richieste di prodotti e di servizi, ed è qui che la logistica può fare la differenza. Basta osservare cosa è avvenuto nei due diversi Canali distributivi: il canale moderno e quello tradizionale.
La Grande distribuzione ha tentato di saltare le strutture intermedie (Mercati all'ingrosso) approvvigionandosi il più possibile direttamente dalla produzione, mentre nel canale tradizionale (quello di ingrosso e dettaglio) i Mercati svolgono ancora un ruolo fondamentale di intermediazione tra produzione e consumo. La logistica diventa allora il punto discriminante.

Chi saprà ridurre le inefficienze della logistica che inevitabilmente si trasferiscono sul prodotto (e sul consumatore) finale, vincerà certamente la sfida. Chi saprà dare maggiore valore aggiunto al prodotto conquisterà la fedeltà del consumatore finale, sia che si tratti di inventare confezionamenti particolarmente attraenti in chiave marketing, o che si tratti di salvaguardare la freschezza del prodotto per esaltare qualità organolettiche e valori nutrizionali. In entrambi i casi, il problema resta il medesimo: assicurare ai propri clienti un livello qualitativo adeguato alle attese.

Come dire che al grande sforzo organizzativo messo in atto non trova riscontro un adeguato livello di soddisfazione, né per il consumatore né per la catena distributiva. Anche se si deve rilevare che in questi anni sono stati fatti molti tentativi per migliorare l'offerta della GDO e in molti casi i risultati sono stati soddisfacenti. Va infine rilevato che, nonostante tutto, il Canale moderno risulta quello sicuramente più attivo sotto il profilo degli studi, delle analisi, delle ricerche di mercato, dell'innovazione, così da offrire sempre nuove proposte al consumatore finale. Elementi, questi, che indicano la dinamicità delle catene distributive moderne e l'energia importante in termini di risorse investite.
Fatti che, invece, non trovano riscontro nell'altro Canale, quello tradizionale (o normal trade), dove invece i problemi sono altri: a fronte di una buona offerta del prodotto in termini qualitativi vi sono ancora troppe resistenze allo sviluppo dei mercati, alla aggregazione, alla creazione di nuovi servizi, agli investimenti, e soprattutto alla uniformità e costanza dei prodotti in termini qualitativi e di prezzo. Come dire che al mercato all'ingrosso la merce "può cambiare tutti i giorni" e il prezzo si adegua di conseguenza, a seconda della domanda e dell'offerta".

Non sempre c'è sensibilità, da parte dei commercianti e salvo rare eccezioni, a pianificare e programmare le attività, a sviluppare innovazione e progetti, a investire in nuove attività di impresa, a offrire nuovi servizi, ecc. perché talvolta prevalgono atteggiamenti di mantenimento delle posizioni acquisite senza rendersi conto che solo a partire dai risultati raggiunti si possono immaginare e realizzare nuove vie per il futuro.
I limiti dei due canali possono così essere riassunti sotto il profilo della logistica: nella GDO il modello seguito in altri settori merceologici non ha ancora raggiunto i livelli di performances attesi, come dire che il modello vincente per latticini, carni, bevande, salumi, pasta, ecc. non dà gli stessi risultati nel reparto ortofrutta.
Vannucci sostiene che "la frammentazione del mondo produttivo agricolo male si concilia con le esigenze di uniformità e standardizzazione richieste dalla GDO che presuppongono invece sistemi produttivi sempre più "industriali" – come appunto quello delle carni, latticini, pasta. Il risultato finale è che troppo spesso i prodotti ortofrutticoli "viaggiano" tra territori (di origine e di consumo) e piattaforme di stoccaggio per giungere "stanchi" al punto vendita. Ma anche una certa difficoltà a seguire la stagionalità e la variabilità della natura, non sempre allineata alle esigenze di rigida pianificazione degli assortimenti e stabilità di prezzi di vendita, per assicurare i quali diventa necessario attivare canali di approvvigionamento non sempre all'altezza delle aspettative di consumo".
Nel canale tradizionale, al contrario, troppo spesso prevale una certa "precarietà" dei sistemi organizzativi che trova riscontro, ad esempio in una scarsa uniformità degli imballi, scarsa attenzione al confezionamento, difficoltà a concepire le consegne come parte integrante del prodotto-servizio, controllo qualità volontari poco diffusi, scarsa attitudine agli accordi commerciali di lungo periodo.
"Nella stragrande maggioranza dei casi – precisa il direttore - le aziende di commercianti all'ingrosso sono nate come imprese familiari e non sempre sono disposte ad aggregarsi e comunque a crescere per raggiungere quel livello dimensionale cui corrisponde una certa organizzazione moderna, oggi indispensabile per competere in un mercato sempre più globalizzato".
All'interno di questi fenomeni, apparentemente diversi, si può scorgere come invece sia importante la logistica e come sia altrettanto decisiva tanto per il canale moderno come per quello tradizionale.