A livello europeo, la Commissione si sta muovendo: lo scopo è quello di evitare i comportamenti dei compratori che, abusando della propria maggior forza commerciale, impongono condizioni contrattuali gravose.
"Le condotte sleali - spiega Gualtiero Roveda, avvocato e consulente per Fruitimprese, stanno penalizzando agricoltori e PMI, tanto che per loro diventa sempre più difficile sopravvivere sul mercato, effettuare investimenti e innovare le aziende. Le inefficienze del settore si ripercuotono immediatamente sui consumatori della UE, in quanto la spesa per i prodotti alimentari assorbe una parte considerevole del bilancio medio delle famiglie".
E' noto che la Commissione europea e i rappresentanti della filiera agro-alimentare a livello comunitario hanno individuato, in tempi relativamente recenti, una serie di principi di buone prassi cui gli operatori debbono ispirarsi nel relazionarsi tra loro.
"Innanzitutto - continua Roveda - le parti contrattuali devono sempre tenere in considerazione gli interessi dei consumatori, dell'intera filiera alimentare e assicurare la massima efficienza e ottimizzazione delle risorse disponibili. Devono, altresì, essere liberi di determinarsi e, nel caso decidano di stringere rapporti commerciali, devono rapportarsi con le controparti in maniera responsabile, in buona fede e con diligenza professionale".
L'elenco delle cosiddette "pratiche sleali" è lungo, come spiega Roveda. Le principali sono le seguenti:
- stipulare un contratto evitando di mettere alcuni termini per iscritto. Ciò, infatti, contrasta con la trasparenza che deve informare le relazioni commerciali, soprattutto nel caso in cui il rapporto sia asimmetrico per un differente potere economico;
- imporre termini e condizioni generali che contengano clausole inique;
- interrompere unilateralmente un rapporto commerciale senza preavviso, o con un preavviso troppo breve e senza una ragione obiettivamente giustificabile;
- variare unilateralmente i prezzi dei prodotti;
- imporre una richiesta di finanziamento per promozioni o per attività commerciali proprie di una parte;
- imporre compensi per l'inserimento nel listino che sono non proporzionali al rischio di commercializzare un nuovo prodotto;
- minacciare l'interruzione del rapporto di lavoro o la fine di quest'ultimo per ottenere un vantaggio senza giustificazione oggettiva, ad esempio punendo una parte per esercitare i propri diritti;
- chiedere il pagamento di servizi o prodotti non di interesse o il pagamento per questi che chiaramente non corrisponde al valore/costo del servizio reso.