Cipolla a raccolta primaverile in continuo calo
"Negli ultimi anni gli ettari sono più che dimezzati - spiega l'esperto Marco Bastoni - e stimo che, nel nord d'Italia, siano passati da circa 700 a 250 in pochissimi anni. Ed è un peccato perché si trattava di una buona produzione sia per i consumatori, sia per i produttori che la inserivano nel piano delle rotazioni. Solo che i prezzi sono crollati".
Francesco Sarti, produttore di Budrio di Bologna, attualmente coltiva tre ettari, molti di meno rispetto a qualche anno fa. "Il nostro prodotto precoce sarebbe ottimo, ma si scontra con quello del nord Europa. Molte nazioni in maggio e giugno hanno ancora giacenze e non importano più come una volta. Le nostre cipolle di giugno devono essere vendute in fretta perché non hanno una lunga conservazione".
Il prodotto cresciuto durante l'inverno ha la caratteristica di essere molto gradevole dal punto di vista organolettico. Non dolce, ma di certo più digeribile e "leggero" rispetto a quello che si scava in agosto. Perché dall'estero sono diminuite le importazioni di questa cipolla italiana? Queste le motivazioni che abbiamo raccolto: stock di prodotto, importazioni in Europa provenienti dall'altro emisfero, produzioni locali, ad esempio nei Paesi Bassi, molto precoci grazie a nuove varietà.
"Per garantire ai consumatori italiani cipolla nazionale 365 giorni l'anno - afferma un altro esperto del settore - questo prodotto a semina autunnale sarebbe indispensabile. Invece ora abbiamo delle lacune produttive che andiamo colmando con importazioni. Non mi sembra molto intelligente. La Gdo, che spesso si fa pubblicità parlando del km zero e dell'italianità, dovrebbe richiedere, e vendere ai consumatori, cipolla italiana tutto l'anno".