Riceviamo e volentieri pubblichiamo le seguenti osservazioni da parte del Prof. Antonino Catara, già ordinario di Patologia vegetale, Delegato alla Ricerca nell'Università di Catania e Presidente del Parco Scientifico e Tecnologico della Sicilia, sul tema del mal secco del limone, che stiamo affrontando in questi giorni (
cfr. precedenti news).
"La posta in gioco - scrive a FreshPlaza il Prof. Catara - è importante e, dopo oltre un decennio di silenzio, è il caso di riprendere il filo di un discorso su un argomento che, frattanto, si è arricchito di importanti risultati, sconosciuti a molti, ottenuti in vari laboratori. Al tempo stesso, è necessario condividere attività in corso e obiettivi futuri".
"Stando a quanto vedo in campagna, leggo e sento, emerge che alcune buone pratiche, basilari per il "contenimento" della malattia sono ormai desuete o non correttamente applicate, mentre l'analisi degli interventi da mettere in atto, spesso necessariamente diversi da azienda ad azienda, continua a risentire della mancanza di un'anamnesi adeguata dei punti critici".
"Punti critici che, invero, sono tanti, ma non ugualmente rilevanti in tutte le circostanze e in tutti i luoghi. Basta ricordare, ad esempio, che la scarsa attenzione per la malattia, obbligata dai costi rilevanti e dai modesti redditi degli anni passati, ha favorito in molti areali l'aumento complessivo dei focolai conclamati e delle infezioni latenti. Una situazione ben diversa da quella delle aree di nuovo insediamento della coltura, quindi a basso potenziale di inoculo, nelle quali si registra l'introduzione di piante e marze infette, prive delle buone prassi fitosanitarie, che si fondano sulla sanità del materiale di moltiplicazione e sulla protezione delle piante in vivaio e nei primi anni d'impianto o di reinnesto".
"Altrettanto trascurate sono le precauzioni per ridurre la produzione e la diffusione dei propaguli del patogeno, per prevenire la penetrazione attraverso ferite, incluse quelle da abscissione delle foglie, per mitigare i rischi di potature non adeguate nell'epidemiologia della malattia, e, non ultima, la corretta gestione agronomica".
"Tutti fattori meritevoli della massima attenzione - sottolinea Catara - la cui importanza non può essere ancora valutata solo su base visiva (la colorazione salmone del legno, come spesso ancora accade) o mediante traslazione di ricordi o esperienze passate. Ancorché coronate da successo in specifiche circostanze, esse non sono adeguate in altre".
"Da qui la necessità di un'anamnesi puntuale, aziendale e areale, di tecnologie di precisione, di ricerca e di competenze. Di visione condivisa e di cooperazione fra produttori, tecnici, Enti di ricerca e Amministrazioni fino ai livelli più elevati di responsabilità. Indispensabili per progettare il futuro e assicurare lunga vita a questo momento favorevole alla limonicoltura. Con obiettivi a breve, medio e lungo termine e con più ottimismo, grazie a tecnologie e conoscenze mature, alcune delle quali già oggetto di progetti in itinere. Se opportunamente utilizzate, potranno certamente contribuire a contenere una malattia difficile sì, ma non invincibile. Ed evitare errori già vissuti per questa e altre calamità fitosanitarie. E non solo in Sicilia".
Prof. Antonino Catara
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