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A cura del dott. Pietro Santamaria

"Ladri di "cole rizze": l'antica brassicacea pugliese cavolo riccio"

In provincia di Bari, in questo periodo, si consuma una brassicacea molto antica: il cavolo riccio ("cole rizze", in dialetto – la "e" è muta).

Il nome botanico è Brassica oleracea L. (Gruppo viridis), cavolo laciniato, o Brassica oleracea L. var. acephala, cavolo riccio o cavolo a foglia riccia e liscia.


Pianta e infiorescenza principale di cole rizze.

Tollera terreni poveri e clima caldo. Ha foglie molto incise e frastagliate ma la variabilità di questo ortaggio è tale da portare anche foglie a margine intero. Il ciclo colturale è medio-precoce; si semina in estate. La parte edule è rappresentata dai giovani getti. Le cime sono piccole, la resa della raccolta è bassa. L'odore che produce è quello tipico delle brassicacee: forte e deciso.

Fave e "cole rizze" era il piatto tipico dei contadini e della povera gente fino agli anni '50; una pietanza che andava consumata anche fredda e che a volte si mangiava come merenda durante le ore di lavoro nei campi.


Variabilità del margine fogliare di cole rizze.

Essendo una specie a rischio di estinzione, il Dipartimento di Scienze Agro-Ambientali e Territoriali, nell'ambito del progetto "Biodiversità delle specie orticole della Puglia", finanziato dalla Regione Puglia, ha avviato una serie di indagini etnobotaniche al fine di recuperare, identificare e caratterizzare le risorse genetiche autoctone.


Campo di Cole rizze.

Accompagnati da Costantino Pirolo, giovane agronomo e collaboratore dell'Università degli Studi di Bari "Aldo Moro", nella campagna di Adelfia a pochi chilometri da Bari, abbiamo incontrato il signor Raffaele, impiegato comunale che per passione coltiva nel suo piccolo orto, ogni anno, un paio di solchi di cavolo riccio, così da soddisfare il fabbisogno famigliare di questo pregiato ortaggio, sempre più difficile da trovare e il cui utilizzo in cucina è saldamente ancorato alla tradizione gastronomica locale.


Cavolo a foglia riccia e liscia.

Il signor Raffaele ci ha raccontato che ogni anno, con il suo amico e confinante, da inizio giugno al 16 luglio (il giorno in cui si celebra la Madonna del Carmine), preparano un piccolo semenzaio, possibilmente disposto all'ombra per evitare l'eccessivo caldo dei mesi estivi, in modo che a fine agosto si ottengono delle piantine pronte per il trapianto. Nel semenzaio vengono selezionate le piantine migliori, privilegiando quelle con la foglia più riccia, si estirpano e si trapiantano a radice nuda, mettendole a dimora a distanza di 50 cm sulla fila e 60-70 cm tra le file. In mancanza di risorse idriche, per favorire l'attecchimento e lo sviluppo delle piantine, Raffaele cerca di raccogliere e canalizzare l'acqua piovana.


Getto ascellare di cole rizze.

Costantino e Raffaele ci hanno raccontato che il cavolo riccio ha un legame particolare con la storia e la tradizione di Adelfia (dal greco adelphòs, che vuol dire "fratellanza" ed è un comune nato nel 1929 dalla fusione dei comuni di Canneto di Bari e Montrone). Qui il cavolo riccio è noto anche come "la pianta delle due feste", perché ogni anno la raccolta comincia il giorno di San Trifone (il 10 novembre), in corrispondenza della festa patronale di Montrone, e finisce in occasione della Festa della Madonna della Stella di Canneto (il lunedì dell'Angelo), quando si prepara il "brodo di Pasqua" un piatto tradizionale a base di cavolo riccio, utilizzando in particolare i germogli con gli abbozzi di infiorescenze, chiamati "mimarole".

Nella foto a destra: infiorescenza e foglie apicali di cole rizze.

Sempre ad Adelfia, abbiamo incontrato il signor Cosola, nato nel 1945, viticoltore di Adelfia, che ci ha raccontato di essere un grande estimatore di cavolo riccio, perché ha imparato a gustarle da piccolo e oggi le consuma per difendersi dal diabete. Come faceva suo padre, ogni anno il signor Cosola si auto-produce il seme di cavolo riccio, selezionando delle piante madri rigorosamente a foglia riccia e mantenute a debita distanza da altre piante di cavolo riccio per garantirne la purezza genetica; per proteggere i semi dagli uccelli ricopre le piante con una rete. A metà luglio, in corrispondenza della festa della Madonna del Carmine, prepara un piccolo semenzaio da cui ottiene le piantine necessarie per soddisfare le esigenze della sua famiglia e... dei ladri; sì, perché ci sono anche i ladri di "cole rizze", che nottetempo rubano parte della produzione ottenuta dopo tanta cura.


Cole rizze con le fave

Il signor Cosola racconta che è importante preparare il semenzaio in estate e fare il trapianto quando è ancora caldo, perché altrimenti la pianta di cavolo riccio non raggiunge le dimensioni idonee anche per resistere al freddo invernale. Anzi, secondo l'anziano agricoltore, il freddo e le gelate mattutine sono opportune per ridurre l'odore tipico dei cavoli derivante dal loro alto contenuto di composti solforati e benefici per la salute.


Cole rizze "alla San Giuannine"

Il signor Cosola con gran passione ci ha raccontato che la sera, soprattutto dopo una giornata trascorsa in campo a curare le sue vigne di uva Pizzutella e Mennavacca, ama mangiare i cavoli ricci "assedute", ossia stufati, oppure cotti con la pasta "alla San Giuannine" (con soffritto di aglio, olio e un po' di pomodorini da serbo coltivati sempre da lui in estate).

Potete seguire le nostre indagini su:
Web: www.biodiversitapuglia.it
Facebook: www.facebook.com/BiodiverSO
Twitter: twitter.com/BiodiverPuglia

Chi vuole promuovere la biodiversità delle specie orticole della Puglia può diventare amico del progetto integrato BiodiverSO inviando segnalazioni, foto, informazioni, dati, risorse genetiche e tutto ciò che può essere utile a salvaguardare e valorizzare la biodiversità a questo indirizzo email: [email protected]
Data di pubblicazione: