Questo grafico (clicca qui per un ingrandimento) ci mostra come le aziende del comparto agroalimentare , analizzate nello studio del CDP nel 2015 sulle Supply Chain, hanno quantificato le sole emissioni dirette (scope 1-2) cioè quelle associate allo svolgimento delle loro attività in azienda. Pochissime di queste imprese hanno considerato le emissioni associate alla filiera: ciò significa ad esempio non considerare le fasi agricole che spesso nei prodotti agroalimentari sono una delle principali fonti di emissione.
Tracciare e quantificare le emissioni di CO2, seguendo principi scientifici riconosciuti, è certamente il primo passo nell'implementazione di una credibile strategia di riduzione dell'impatto climatico di una filiera-agroalimentare. Questo è necessario per rispondere alla crescente richiesta di sostenibilità proveniente dal mercato e dal Legislatore, che spinge verso percorsi di neutralizzazione dell'intera filiera.
I più recenti decreti relativi alle derrate alimentari ed alle filiere, promuovono il circolo virtuoso della filiera sostenibile e possono essere riassunti come segue:
- E' considerato premiante il criterio della carbon footprint nei prodotti destinati alla ristorazione collettiva (Decreto Ministeriale sui Criteri Ambientali Minimi, Luglio 2011, in vigore).
- Sono previste agevolazioni dirette sui costi di fideiussione relativi agli appalti in materia di filiera sostenibile (Articolo 19 del Collegato Ambientale, Dicembre 2015).
- Vengono offerti, tramite i bandi PSR della nuova programmazione 2014–2020, incentivi alle aziende dotate di certificazioni riferite a sistemi di certificazione volontari come rintracciabilità di filiera (ISO 22005), carbon footprint di prodotto (CFP), ISO/TS 14067. Premiante risulta anche, in questo contesto, la Valutazione del ciclo di vita (LCA) UNI EN ISO 14040:2006 e 14044:2006 e la environmental footprint di prodotto (PEF).
E' importante sottolineare che anche le filiere che già hanno ottenuto certificazioni nell'ambito del biologico, del commercio equo solidale o della Rainforest Alliance dovranno implementare anche la tracciabilità delle proprie emissioni.
Con l'aiuto di CarbonSink, società di consulenza altamente specializzata nello sviluppo di strategie di mitigazione del cambiamento climatico, le aziende del settore agroalimentare e ortofrutticolo hanno l'opportunità di allinearsi ai nuovi requisiti e norme ambientali.
Un'esperienza concreta nel settore agroalimentare è quella del nostro cliente OrganicSur (F&F Group) capitanata dal Dott. Franco De Panfilis, un'azienda italiana pioniera nel settore bio da 20 anni coinvolta in filiere produttive del biologico nell'emisfero sud. OrganicSur (F&F Group) ha commissionato a Carbonsink di occuparsi delle proprie filiere in Sudamerica.
La prima attività sviluppata da CarbonSink è stata quella di calcolare la carbon footprint della filiera delle banane biologiche APBOSMAM certificate Fairtrade, che ha sede nella regione di Piura nell'estremo nord del Perù; si tratta del primo progetto di filiera, a cui se ne aggiungeranno molti altri, finalizzato alla neutralizzazione delle emissioni interne alla filiera.
Secondo Andrea Maggiani, amministratore di CarbonSink, dopo l'accordo sul clima di Parigi è emerso con chiarezza che il mondo delle imprese deve adeguarsi e contribuire alla lotta al cambiamento climatico. E' anche in questo senso che tracciare, ridurre e compensare le proprie emissioni è oggi un requisito fondamentale per competere con successo in un mercato locale, comunitario e globale.
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Per maggiori informazioni: www.carbonsink.it