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L'avvocato Roveda spiega i rischi che possono correre gli agricoltori

Trattamenti fitosanitari e confinanti: quando le liti le sbroglia il giudice

La recente questione sollevata dal nuovo Regolamento tecnico RT 16 Accredia circa gli effetti dei residui di acido fosfonico (cfr. FreshPlaza del 23/01/2019), prodotto di degradazione del Fosethyl alluminio, sulle coltivazioni biologiche, ha riaperto la discussione sulla problematica causata dalla deriva dei trattamenti fitosanitari. Chiediamo all'avvocato Gualtiero Roveda (in foto qui sotto), consulente di Fruitimprese, chiarimenti sui principi che regolano la materia.

FreshPlaza (FP): Il cosiddetto "effetto deriva" ingenera, da sempre, preoccupazione nei produttori confinanti che rischiano di mettere incolpevolmente in commercio prodotti non conformi e nella popolazione, che intravede nei trattamenti fitosanitari un preoccupante elemento di inquinamento ambientale. Quali sono le regole che disciplinano il fenomeno?
Gualtiero Roveda (GR): La dispersione aerea del prodotto fitosanitario che non raggiunge la coltura da trattare, diffondendosi nell'ambiente circostante, inquina variamente - a seconda del grado di tossicità - l'aria, l'acqua, il suolo e poi di conseguenza, tutte le forme di vita, animali e vegetali, presenti nell'ecosistema, con inevitabile successivo ingresso anche nel ciclo alimentare umano. Il fenomeno è molto complesso e la sua disciplina rientra nel cosiddetto diritto dell'ambiente, materia rispetto alla quale è particolarmente ardua l'individuazione dell'ambito di operatività delle disposizioni che ne fanno parte, mancando un complesso organico di norme.

FP: A quali normative ci si deve attenere?
GR: Per analizzare le singole fattispecie, si deve fare riferimento a norme sovranazionali, nazionali, regionali, locali e, se parliamo di biologico, anche ai regolamenti degli enti certificatori (o organismi di controllo, OdC) che impongono ai produttori di commercializzare come "convenzionale" o "integrato" il prodotto all'interno della fascia di rispetto posta al confine con le colture non biologiche. Ad ogni modo, il principio di fondo è quello per il quale chi utilizza prodotti chimici di sintesi non può contaminare l'ambiente circostante.

FP: Vi sono regolamenti locali che impongono fasce di rispetto, barriere costituite da siepi, alberature, frangiventi artificiali o reti antigrandine, il ricorso ad additivi antideriva, nonché l'utilizzo di ugelli a induzione.
GR: E' vero. Vi sono atti amministrativi, di varia natura, che impongono prescrizioni per chi effettua trattamenti. Tuttavia la questione, nel caso di controversie tra vicini, si risolve sul piano dei diritti soggettivi. In tale ambito, di particolare interesse è una sentenza del 2014 pronunciata dal Tribunale di Pistoia. Nel caso in esame, un privato - confinante con terreni coltivati a vigneto - ha convenuto in giudizio il vicino in ragione del fatto che l'effetto deriva, causato dalla nebulizzatrice meccanica utilizzata per i trattamenti, depositava sia sul proprio terreno sia all'interno dell'abitazione consistenti quantità di prodotti chimici di sintesi.

In particolare, negli atti era evidenziato che gli ultimi filari distavano 25 metri dall'abitazione e 3 metri dal confine. In ragione di ciò, aveva dovuto interrompere la coltivazione dell'orto e doveva tenere chiuse le finestre di casa. Analizzato un campione di lattuga, prelevato dall'orto, si era accertata la presenza di rame nella concentrazione di 4,23 mg./Kg. Rame e pesticidi erano anche stati rinvenuti in un campione di erba, prelevato nella zona di confine.

FP: Quali accuse ha stigmatizzato il privato?
GR: Il privato ha dedotto la violazione da parte dell'agricoltore dell'art. 844 c.c. argomentando che le immissioni superano il limite della normale tollerabilità, poiché l'elevata nocività dei prodotti irrorati impediva il pieno godimento della propria abitazione e dei terreni, determinando un danno alla salute. Il giudice ha accolto le sue ragioni.

Nel provvedimento, infatti, si legge che - secondo l'orientamento costante della Corte di Cassazione - in tema di immissioni, l'art. 844, co. 2, cod. civ., nella parte in cui prevede la valutazione, da parte del giudice, del contemperamento delle esigenze della produzione con le ragioni della proprietà, le immissioni devono considerarsi intollerabili, prescindendosi dalla valutazione della priorità di un determinato uso, stante la prevalenza – sulla base dei principi costituzionali - del diritto alla tutela della salute rispetto alle esigenze della produzione.

Il giudice si è comunque preoccupato di contemperare le esigenze produttive dell'agricoltore con quelle del confinante, consentendo al primo di effettuare trattamenti con modalità di irrorazione idonee a rendere praticamente irrilevante la deriva dei prodotti fitosanitari applicati.