Originario dell'Asia, coltivato nelle zone temperato-calde, il Nespolo del Giappone (Eriobotrya japonica Lindl. ) è stato introdotto negli Stati Uniti e nel bacino del Mediterraneo a scopo ornamentale a partire dal XVIII secolo. In Europa è coltivato maggiormente in Spagna e in Italia, dove riveste, nello specifico per quest'ultima, una superficie complessiva di circa 440 ettari (da fonte ISTAT aggiornata al 2017). Annoverato tra i fruttiferi minori della nostra penisola, lo troviamo in coltivazioni del sud-Italia (in Sicilia principalmente), mentre è poca cosa in Campania e Calabria, dove è coltivato solo negli orti familiari.

E' una pianta sempreverde, con grandi foglie pubescenti nella pagina inferiore e con apparato radicale espanso in superficie. Fiorisce da novembre a febbraio e ha come frutti dei pomi che possono essere rotondi o ellittici o piriformi. Tali frutti possono essere consumati freschi o possono essere destinati alla trasformazione per realizzarne: marmellate, succhi, sciroppati e bevande alcoliche.

Gli aspetti vegeto-produttivi particolari (frutti di piccole dimensioni, bassa incidenza della frazione edule del frutto, elevata rusticità della specie, lo scarso patrimonio genetico e la delicatezza dei frutti) che spesso lo rendono poco adatto ai circuiti commerciali della GDO, accompagnati da pratiche di gestione ancora troppo rudimentali e da nuove preferenze alimentari da parte del consumatore, lo hanno discriminato come fruttifero minore. E' proprio per questo che in Italia è poco consumato e commercializzato.

Ritenute, "poco moderne", le nespole hanno proprietà antinfiammatorie e diuretiche, infatti i frutti maturi hanno proprietà lassative, regolandone la funzionalità intestinale e quella epatica. Sono un blando antipiretico. Le nespole contengono la vitamina A, C e quelle del gruppo B. Hanno poche calorie e contengono moltissimi minerali,riducendo i livelli di colesterolo nel sangue; dotate di grande potere antiossidante.
Date le innumerevoli proprietà benefiche, il nespolo se coltivato in maniera più razionale, mettendo a punto nuove pratiche di gestione agronomica e del post-raccolta per aumentarne la shelf-life, potrebbe rappresentare una coltivazione del futuro.