L’Europa è sempre più affamata di noci e l'Italia, che produce solo il 20 per cento di quante ne consuma, sta tentando di aumentare le proprie superfici produttive, ma occorre procedere con impianti moderni ed economicamente sostenibili e la creazione di un Consorzio. E' solo uno dei messaggi emersi durante le Giornate tecniche del Noce che si sono svolte venerdì 20 e sabato 21 settembre 2019 a Bologna organizzato dal SOI (Società Ortoflorofrutticoltura italiana) con la collaborazione del Crea, dell'Università di Bologna e Università Politecnica delle Marche.
"Dal punto di vista produttivo – ha affermato Giuseppe Calcagni di Besana – l’Italia si colloca al 12mo posto della classifica mondiale dei produttori di noci, con 12mila tonnellate. Rispetto ai consumi pro-capite annui di gherigli di noci, gli Stati Uniti sono al primo posto con 1240 grammi, seguiti da Israele (1200 grammi), dalla Francia con 1020 grammi, dalla Germania con 620 e, a pari merito, Italia, Paesi Bassi e Grecia con 470. Nazioni come Cina e India sono al 17mo e 18mo posto con soli 56 e 40 grammi pro-capite, indice che vi sono ampie possibilità di crescita".
L’Italia nel 1961 produceva 71mila tonnellate, scese costantemente fino a 12mila nel 2017. "Eravamo al terzo posto fra i produttori mondiali, oggi siamo degli importatori netti di noci in guscio e sgusciate".
Il team degli organizzatori
"Occorre creare al più presto un consorzio nazionale", ha detto Carlo Pirazzoli dell’Università di Bologna, "in quanto la valorizzazione del prodotto va portata avanti quando le cose vanno bene, non quando iniziano le crisi".
Circa le rese economiche, lo studio di Pirazzoli e di Alessandro Palmieri evidenziano che i maggiori risultati li ottengono quelle ditte produttrici che vendono direttamente al consumatore. Per contro, il recupero degli investimenti durante tutta la fase di allevamento termina attorno all'ottavo/decimo anno e questo può scoraggiare gli investitori.
La Vivai F.lli Zanzi era uno dei Platinum sponsor. Nella foto Giovanni e Riccardo Zanzi
"Per distinguere il prodotto italiano dalla massa proveniente dall'estero – ha concluso Pirazzoli – occorre creare un consorzio comune di valorizzazione".