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Il mondo agricolo contro l'ultimo spot televisivo di una catena di supermercati

E' un coro di proteste quello che si leva contro il nuovo spot televisivo di una delle principali catene distributive italiane. L'idea che la pubblicità vuole trasmettere è quella di una particolare attenzione della catena contro lo sfruttamento delle persone, contro gli agrofarmaci, contro la plastica e gli allevamenti intensivi.

"Tutte belle intenzioni - dichiara Claudio Canali di Confagricoltura, già presidente interprovinciale di Forlì-Cesena e Rimini - peccato però che si trasmetta un messaggio totalmente distorto. Passa l'idea che noi agricoltori, allevatori e produttori di ortofrutta siamo dei delinquenti, degli avvelenatori, dei caporali".

Una delle immagini più contestate dello spot: una processione di trattori con irroratrici, circondati da uomini tipo "Chernobyl" con tenuta anti-contaminazioni. La sequenza è una palese citazione della scena simbolo delle proteste in Piazza Tienanmen.

Al mondo agricolo non è piaciuto questo accostamento dove gli operai sono sfruttati e arriva il carrello del supermercato a dissetarli, dove gli agricoltori si divertirebbero a irrorare le colture con antiparassitari senza criterio, mentre sempre l'impavido carrello arriva a salvare il consumatore dagli "agricoltori inquinatori", in stile manifestante di Piazza Tienanmen contro i carri armati.

Claudio Canali, che non è l'ultimo arrivato ed è un imprenditore agricolo che si sveglia ogni mattina alle 4, non usa mezzi termini. "Questa pubblicità è un insulto agli agricoltori. Ci alziamo all'alba, lavoriamo 15 ore al giorno, tutelando i nostri frutteti, i nostri animali e svolgendo il ruolo di guardiani dei territori di collina e montagna che diversamente sarebbero abbandonati. Siamo controllati da decine di autorità, dobbiamo chiedere permessi ogni volta che respiriamo".

Uno dei commenti degli agricoltori che circolano sul web.

"L'Italia è la nazione con la percentuale di irregolarità riscontrate più bassa nel mondo (cfr. notizia correlata) - conclude Canali - e quella con il più alto numero di controlli. Ma, nonostante tutto ciò, c'è chi cerca di farci passare per approfittatori, avvelenatori e sfruttatori. Peraltro con immagini che non sono relative a momenti di vita dell'agricoltura italiana. E' una vergogna. Aderisco anche io alla ventilata campagna di sciopero della spesa. Volere è potere, e se mettiamo insieme le nostre famiglie e tutte le famiglie degli agricoltori, possiamo essere una potenza". 

Sulla stessa lunghezza d'onda è Fabiano Mazzotti, coordinatore del Gruppo Trasversale Agricoltori: "La catena di supermercati pubblicizza il proprio marchio gettando discredito sul lavoro altrui. Nulla si dice sul poco a cui le materie prime vengono pagate a noi produttori, specie in un'annata come questa".

"Se però una catena di supermercati riesce ad "appropriarsi" della garanzia della salubrità delle produzioni e del trattamento equo dei nostri lavoratori, la colpa è anche nostra, perché dovevano pensare in anticipo a rivendicare questi aspetti e farceli retribuire. Invece le nostre organizzazioni di produttori si sono tutte preoccupate soltanto di far ottenere alla GDO tutto quello che chiedeva, allo "stesso prezzo", il cosiddetto pre-requisito", conclude Mazzotti.

Non ha mezzi termini neppure Confagricoltura Bologna, la prima a protestare già alcuni giorni fa. "Uno spot che ha l'aggravante di insinuare un dubbio emotivo nel consumatore, dando un colpo mortale all'immagine di migliaia di agricoltori che producono, tutti i giorni, stando nelle regole. Quegli agricoltori che assumono e retribuiscono regolarmente le maestranze, che hanno investito nei loro allevamenti per rispettare il benessere degli animali e che usano con scienza e coscienza i presidi fitosanitari, nel rispetto dei tempi di carenza e delle dosi massime d'impiego; tutti costoro non si meritano un messaggio del genere".

"Dopo lo sfruttamento commerciale che la GDO attua quotidianamente, comprimendo i margini delle nostre aziende agricole, risulta inspiegabile l'attribuzione di una patente etico-morale a una struttura commerciale che vive di profitto e ricarichi, prodotti civetta o sottocosto che servono esclusivamente a ingrassare quel carrello salvifico, ma solo per i propri bilanci", conclude amaramente Confagricoltura Bologna.