Non tutte le erbe cattive vengono per nuocere in agricoltura, anzi: più sono diversificate e meglio è. Mantenere un buon livello di biodiversità nelle comunità di piante infestanti, infatti, aiuta a ridurre le perdite di produzione delle colture. Lo dimostra una ricerca triennale pubblicata sulla rivista Nature Sustainability dai ricercatori del Gruppo di Agroecologia dell'Istituto di Scienze della Vita della Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa, in collaborazione con l'Istituto nazionale francese di ricerca agronomica (Inra) di Digione.
Nella foto in alto a destra: Papaver Phalaris Bromus (fonte: S. Carlesi, Istituto di Scienze della Vita - Scuola Superiore Sant'Anna)
Lo studio suggerisce che la riduzione di resa delle colture dovuta alla competizione da parte delle erbe spontanee non sia da imputare tanto alla loro presenza, quanto alla riduzione della loro diversità. Osservando con maggiore attenzione l'effetto delle cosiddette "malerbe", infatti, si può notare come non tutte producano gli stessi danni alle colture. Comunità di specie più diversificate producono minori danni, in misura inversamente proporzionale all'equilibrio tra le specie.
Dactylis glomerata (fonte: S. Carlesi, Istituto di Scienze della Vita - Scuola Superiore Sant'Anna)
Questo accade perché, mediante un miglior uso delle risorse disponibili e l'occupazione delle cosiddette "nicchie ecologiche", le erbe spontanee impediscono ad altre particolarmente aggressive e competitive di insediarsi o diventare dominanti, e quindi di causare ingenti riduzioni di produzione.
Attraverso la "biodiversità funzionale" e il rispetto degli equilibri ambientali, quindi, la natura può lavorare per noi, permettendo di mantenere o migliorare le rese agricole con meno concimi e pesticidi.
Fonte: Ansa