"Durante la prossima stagione (2020/21), gli ispettori cinesi visiteranno delle aziende italiane in fase di raccolta delle pere. E' un passo importante verso la chiusura definitiva del dossier, in modo che il prodotto italiano possa successivamente essere esportato a Pechino. Le tempistiche? Non possiamo conoscerle, quindi è inutile che io faccia previsioni. Tutto dipenderà dalla relazione ispettiva e dai tempi delle nostre risposte". Lo ha affermato Raffaella Danielato, dell'Ambasciata italiana a Pechino, intervenuta via Skype venerdì scorso, 29 novembre 2019, durante il World Pear Forum 2019 a Ferrara (cfr. articolo correlato).
Danielato
Se gli ispettori cinesi visiteranno le aziende italiane fra luglio e settembre 2020, la speranza da parte di tutti sarebbe quella di poter esportare le pere in Cina da fine 2021 o inizio 2022. Ovvio che, a volte, basta qualche cavillo burocratico a far slittare anche di mesi la procedura ed è per questo che nessuno può sbilanciarsi, proprio per non creare false aspettative.
Enrico Berti, dell'Ambasciata italiana a Pechino, ha inviato nell'occasione del convegno un videomessaggio dicendo che la Cina produce oltre il 60 per cento delle pere mondiali, ma per lo più si tratta di pere nashi. Belgio, Argentina, Paesi Bassi e Nuova Zelanda esportano pere per oltre 20 milioni di euro, per cui l'Italia deve inserirsi in questo mercato dalle grandi potenzialità.
Berti
Raffaella Danielato ha precisato che all'iter mancano ancora alcuni passaggi fondamentali, come stabilire quali varietà inserire nel protocollo, la gestione della conservazione, del confezionamento e del trasporto. La visita ispettiva del prossimo anno servirà a chiarire parecchi nodi.
"Questa visita - ha affermato Simona Rubbi responsabile relazioni internazionali del CSO Italy - rappresenta un ulteriore tassello indispensabile nella fase di negoziazione, che ci fa concretamente sperare in una conclusione del protocollo in tempi ragionevoli. La necessità di esportare in mercati terzi e uscire da un'Europa ormai satura di prodotto è una priorità. Ad oggi, l'Italia è prevalentemente concentrata sul mercato intra-europeo, basti pensare che appena l'8% dei volumi di pere esportate valica i confini dell'UE".
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"Prima dell'embargo russo, i nostri due principali competitor – Belgio e Paesi Bassi esportavano nel mercato russo gran parte delle loro produzioni. Oggi sul mercato europeo si stima che abbiamo circa 220mila tonnellate di pere in più. Una situazione non più sostenibile che, come CSO Italy, stiamo affrontando cercando di aprire nuove opportunità ai produttori", ha sottolineato Simona Rubbi.
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"Ad oggi stiamo lavorando su diversi Paesi come il Messico (dove stiamo portando avanti un dossier congiunto di mele e pere), il Sudafrica, gli Stati Uniti, Taiwan (attualmente precluso alle pere europee), Vietnam e, appunto, Cina come dossier di punta".
Rubbi