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Le bacchettate del presidente del Consorzio di Tutela dell'Uva di Mazzarrone IGP

Venti di crisi per la campagna dell'uva da tavola italiana

Dopo l'allarme lanciato nei giorni scorsi da alcune organizzazioni di categoria pugliesi, fa sentire la propria voce il Consorzio di Tutela dell'Uva da Tavola di Mazzarrone IGP che, tramite il suo presidente Gianni Raniolo, fornisce il proprio punto di vista sulla crisi in atto.

La crisi commerciale
"Nel mese di maggio, con le super precoci - ha detto Raniolo (qui nella foto) - abbiamo avuto un exploit di richieste a prezzi abbastanza sostenuti che non sono mai andati sotto 1,50 euro/kg, pagato al produttore per il prodotto sulla pianta. Venivamo da un trend positivo innescato precedentemente dal fenomeno Covid-19 che ha fatto letteralmente volare l'ortofrutta italiana. Ma le cose sono cambiate con l'arrivo del prodotto egiziano che, quest'anno, ha avuto un notevole ritardo a causa dei fenomeni climatici concentrandosi a giugno invece che a maggio, creando un'offerta abnorme sui mercati. Gli acquisti in tutta Europa sono stati dirottati sul prodotto dall'Egitto, di prezzo inferiore grazie a costi di manodopera bassi, esautorando letteralmente il prodotto italiano ed europeo in generale".

L'incidenza dei costi sulla produzione
Fin qui il dato commerciale ma, considerato il periodo storico particolare, cosa è successo nel frattempo alla produzione? Certamente i costi in campagna sono aumentati per mancanza di manodopera, per la logistica, a partire dagli spostamenti degli operai. Per non parlare poi del distanziamento nei magazzini che ha imposto turni in aggiunta e investimenti per separatori, rilevamento temperatura etc.

Operazioni come l'acinellatura durante il lockdown, per esempio, nel rispetto della salute del personale impiegato, sono diventate pratiche costosissime. Già, perché in Italia le regole si rispettano e la salute è ancora un valore irrinunciabile, sul posto di lavoro come a tavola.

"Altra data cruciale è stato il 10 giugno - ha proseguito il presidente - quando eravamo pronti con le produzioni più massive che hanno fatto registrare una pesante perdita della domanda di oltre il 40%, con la conseguente impossibilità di smaltire il prodotto. Basti pensare che nello stesso momento avevamo uva (specialmente quella seedless) siciliana, pugliese, spagnola ed egiziana".

Numeri impressionanti che non fanno presagire nulla di buono, verrebbe da dire. E la triste conferma arriva dallo stesso Raniolo. "In questo momento viviamo una situazione di limbo in cui non si salva nessuno: si tratta solo di onorare le forniture e di gestire le perdite. Con un prezzo alla produzione di 0,60-0,70 euro/kg, non possiamo competere con un prodotto già lavorato allo stesso prezzo e, peggio ancora, non possiamo neanche coprire le spese di produzione".

Una riflessione da condividere con le Istituzioni?
"Questi ultimi tre anni sono stati uno peggiore dell'altro e il 2020 è il peggiore di tutti - ha fatto rilevare amaramente Raniolo - Prima il cracking, poi la crisi commerciale e adesso questo inestricabile condizione di sovrabbondanza sui mercati che vedono proprio le istituzioni europee latitare nella tutela delle nostre produzioni. Siamo i più severi nei processi produttivi, permettendo ai consumatori di mangiare uve sane, buone ed eticamente all'altezza di una società civile moderna. Anche in tempi estremamente duri, come quelli imposti dal Coronavirus, abbiamo continuato a dare il meglio di noi stessi riscuotendo l'approvazione dei consumatori italiani e non solo, assicurando ortofrutta di qualità alle popolazioni di tutta Europa".

"Proprio i mesi del Coronavirus hanno dato, come mai nessun altro periodo storico prima, la certezza che il consumatore italiano ed europeo ama e apprezza i frutti della terra siciliana. Questo meccanismo virtuoso però è stato interrotto dalle solite logiche viziose di un mercato che, nel gioco delle diverse fiscalità in regime, nella ricerca del prezzo ad ogni costo, da una parte impone il rispetto delle regole e dall'altra le aggira con cavilli e codicilli biechi e capziosi quando non vili".

"Dobbiamo seriamente imparare a capire come difenderci da alcuni meccanismi - ha concluso l'esperto - che la stessa UE permette in parte al suo interno e al suo esterno, salvo poi pesare sugli anelli più deboli della nostra filiera ortofrutticola con restrizioni soffocanti".