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A cura di Ottavio Cacioppo

Storia della moria del kiwi

Una malattia-fisiopatia del kiwi, manifestatasi nel nord Italia nel 2012, precisamente in Veneto. Nel 2013, nel veronese, è stata individuata in alcune aziende actinidicole, dove si palesavano fenomeni di avvizzimento delle piante.

Le piantagioni venivano irrigate con l'acqua del fiume Adige, per cui si è pensato che essa contenesse la risposta a uno stato di sofferenza delle piante che sfociava con la morte delle stesse, tanto da essere battezzata "moria del kiwi".

Dalle osservazioni delle piante morte, le radici apparivano severamente danneggiate e imbrunite, in particolar modo i capillari deputati alla nutrizione degli organi vegetativi, per cui si comprendeva la necrosi fogliare. 

Visitando altri actinidieti, si chiariva che la causa non era l'acqua del fiume, in quanto vi erano piantagioni che pur utilizzando la medesima riserva idrica, non presentavano i sintomi sopra descritti.

Foto G. Tacconi (archivio Kiwi Informa): Verona, piante giovani colpite da moria del kiwi

Diffusione 
Successivamente, l'avversità si propagava in altre Regioni del nord: nel 2014 in Friuli e Venezia Giulia, nel 2015 in Piemonte e veniva segnalata in Romagna, per poi diffondersi nel Centro Sud del Paese. Nell'Agro Pontino, terra del kiwi, si manifestava nel 2017 e in questi ultimi anni si è diffusa, creando preoccupazione e allarmismo tra gli actinidicoltori.

Perdite di vigneti
Dal 2012 al 2019 le perdite al settore, a causa della moria del kiwi e della batteriosi da Psa, assommano a 8.100 ettari, alle volte con spaventose percentuali di incidenza:

  • in Veneto, 2000 ettari su una superficie regionale di 2500 (80%);
  • in Piemonte, 4000 ha su un totale di 5.500 (70%);
  • in Friuli e Venezia Giulia, 60 ha su un totale di 650 ha (10%);
  • nel Lazio, 2000 ettari su una superficie di 12.000 (18%);
  • da aggiungere al computo sono le perdite per l'actinidicoltura del Sud. 

Foto G. Tacconi (archivio Kiwi Informa): Verona, radici danneggiate dalla moria del kiwi

Eziologia da scoprire
Dalle numerose ricerche su detta avversità, effettuate in un arco di nove anni (2012-2020) e condotte dagli scienziati del gruppo di lavoro costituito all'inizio della comparsa della moria del kiwi, si è appreso che un insieme di fattori concorre a tale problematica: la gestione del suolo e dell'acqua irrigua, gli aspetti climatici, la sistemazione idraulica del terreno, i microrganismi patogeni (crittogami, batteri anaerobici e aerobici). Tutto ciò indica come non sia stato possibile individuare con esattezza l'eziologia, al fine di impostare una strategia mirata di difesa.

Latina, piante colpite dalla moria del kiwi

Sperimentazione 
Nella provincia di Latina sono state effettuate prove di ossigenazione dello strato ossidante del terreno, mediante appositi iniettori, nel tentativo di incrementare l'ossigeno nel suolo in cui si sviluppano le radici capillari, le quali, per osmosi, assorbono i nutrienti dalla soluzione circolante. 

Le prove hanno lo scopo di mettere a punto una valida metodologia e la raccolta di dati per comprendere se quanto descritto possa fornire risultati contro la citata avversità. 

Si evidenzia che ci sono ditte che forniscono iniettori e assistenza per il loro utilizzo. Nel nord Italia, la moria del kiwi ha causato la perdita di migliaia di ettari di piantagioni. 

Latina, piante colpite dalla moria del kiwi

Si sottolinea che in Nuova Zelanda, ove si coltiva il kiwi dal 1906, ossia da 114 anni, non si sono verificati episodi di moria del kiwi. Ciò deve far riflettere in quanto, se prendiamo l'esempio della batteriosi da Psa, essa è stata riscontrata in tutti i paesi che coltivano il kiwi; in Italia, la batteriosi è stata responsabile della perdita di intere piantagioni, in particolare quelle delle varietà a polpa gialla (come un migliaio circa di ettari della vulnerabile cultivar neozelandese Hort16A, introdotta in Italia nel 2000, e sostituita successivamente, nel 2011, dalla cultivar neozelandese G3 - o SunGold - della quale, attualmente, nel nostro paese si contano 2.300 ettari). 

Per impostare una lotta preventiva o curativa della moria del kiwi, occorre dunque approfondire le ricerche per scoprire le cause sconosciute.

Esiti dai campi prova
Quando si è compresa la gravità del problema, nel 2013 Enti locali del Veneto e Organizzazione del mondo agricolo, (provincia di Verona, Camera di Commercio IAA di Verona, Comuni di Somma campagna di Valeggio S.M., DI Villafranca, di Sona, Consorzio kiwi del Garda) hanno finanziato le prime ricerche (CREA e Agrea Centro Studi). Successivamente, nel 2015 Regione Veneto e nel 2017 Regione Piemonte hanno finanziato due progetti per cercare di comprendere l'eziologia della moria del kiwi. 

Anche le Università del Veneto, del Piemonte e del Friuli, i Centri di ricerca (CREA) di Fiorenzola (PC) hanno approvato progetti per approfondire le conoscenze delle cause che favoriscono la malattia-fisiopatia.

Latina, piante colpite dalla moria del kiwi

Sono stati studiati i vari aspetti agronomici, quali la struttura del terreno, la sostanza organica e il bilancio terreno/acqua/pianta. La sistemazione del terreno, come la baulatura o i fossi di drenaggio sono stati altresì presi in esame. Questi ultimi, negli anni 70, si resero necessari nei terreni argillosi dell'Agro Pontino, per prevenire il marciume del colletto (tallone d'Achille del kiwi) causato dal ristagno idrico e dalla Phytophthora cactorum, Ph. cryptogea, Ph. parasitica e Armillaria mellea.

Da tre anni, sono state messe a dimora piantine di Hayward, cultivar neozelandese, la più coltivata nel mondo (oltre il 90%), a polpa verde smeraldo, innestate su un porta nesto neozelandese: le piante, in questo lasso di tempo, non hanno manifestato inconvenienti.

Perdite economiche della P.L.V. ( Produzione Lorda Vendibile) pertinenza dei produttori.

Nel 2011, in Italia vi era una superficie actinidicola stimata in 28.000 ettari e una produzione di ca. 472.000 ton: quotandola a € 750/ton, si ottiene un totale di € 354.000.000.

Nel 2012, anno della comparsa della moria del kiwi, la superficie actinidicola stimata era diventata di 26.900 ha e la produzione di 352.171, per un controvalore totale di ca. 264 milioni di euro.

Nel 2012, la superficie actinidicola si era ridotta di 1.100 ha e la differenza tra la somma quotata nel 2011 e quella del 2012 è di 120.000.000 di euro in meno.

Tab. n.2 P.L.V. dal 2011 al 2019: anni della moria del kiwi, con una riduzione della superficie actinidicola di complessivi 8.100 ha.


Clicca qui per un ingrandimento.

Se si considera una media produttiva per anno costante, ossia 472.000 x 8 anni (2012-2019), si ottiene produzione di 3.776.000 t x € 750 =  € 2.832.000.000; se si sottrae il valore totale in euro della produzione degli 8 anni (2012-2019), pari a € 2.067.375.000,  si ottiene la somma di € 764.625.000 (€ settecentosessantaquattro milioni) di P.L.V. perduta dai produttori per problemi di moria del kiwi e altre cause.

Qualora si calcolasse l’indotto, cioè le organizzazioni che provvedono alla selezione dei frutti, al confezionamento, alla frigoconservazione e alla vendita del kiwi, la somma della P.L.V. perduta dai produttori si raddoppierebbe.

Dopo 9 anni di ricerche, non è stata tuttora chiarita l'eziologia della moria del kiwi e il gruppo di lavoro ha scritto un articolo per lo Speciale Moria del Kiwi (che Kiwi Informa pubblicherà entro il mese di agosto 2020) che sintetizza 8 anni di ricerca, intitolato: "La moria del kiwi al 2020: lungi dalla soluzione".

Considerazioni conclusive
Come sopra descritto, un gruppo di lavoro ha raccolto 9 anni di esperienze nella ricerca delle cause della moria del kiwi, per cui nuovi gruppi di ricerca è giusto che collaborino con i ricercatori del Nord Italia che svolgono ricerca sulla suddetta malattia-fisiopatia già da anni. 

Bibliografia
Gianni Tacconi e altri 19 coautori dell'articolo: "La moria del kiwi al 2020: lungi dalla soluzione", Kiwi Informa n.4-6/2020

Data di pubblicazione: