La pandemia ha sollecitato le aziende dell'agroalimentare, comprese quelle ortofrutticole, ad accelerare l'uso degli strumenti digitali. Ma i risultati migliori li stanno avendo coloro che hanno affrontato la situazione in maniera organica e intelligente, senza improvvisazioni. E' quanto emerge da una vasta indagine dell'Università Ca' Foscari, da parte di AgriFood Management&Innovation Lab, il laboratorio di ricerca del Dipartimento di Management.
Dai risultati emerge come, di fatto, siano ancora poche le aziende che investono in modo strutturato nel digitale. Delle 520 aziende indagate (di cui 385 localizzate in Veneto, 65 in Friuli Venezia Giulia, 70 in Trentino Alto Adige), 445 sono presenti in internet con un sito web. Quanto alla presenza sui social, Facebook risulta essere il più usato, seguito da Instagram. I profili Facebook associati alle aziende del campione sono 320, di cui 6 nati nel corso del 2020, ma quelli realmente attivi, ossia con contenuti pubblicati nel corso dei sei mesi considerati (luglio-dicembre 2019), sono solo 272. I profili Instagram sono 209, di cui 158 quelli attivi.
"Tra le sfide da superare - commenta Francesca Checchinato, responsabile della linea di ricerca sulla digitalizzazione - persiste l'assenza di un'ottica di marketing all'interno delle imprese, soprattutto quando il mercato in cui l'azienda opera è B2B: non viene percepita l'utilità di sviluppare un'immagine e un posizionamento che ne permetta la differenziazione rispetto ai concorrenti".
"In termini di percorso, due sono i rischi: la visione del digitale come mondo/area a sé stante rispetto all'attività dell'impresa, da delegare completamente ad agenzie esterne, oppure una visione "fai-da-te" che induce le imprese ad occuparsene da sole anche in assenza di competenze e che porta a risultati poco incoraggianti, nonché a un utilizzo quasi nullo dei dati. Le aziende che hanno dichiarato di essere soddisfatte dei risultati ottenuti, invece, mostrano un approccio che considera il digitale parte della loro strategia di marketing, anziché un canale a sé stante e una necessità di investirci ulteriormente", conclude l'esperta.