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Ugo Palara, coordinatore tecnici OI pera

Solo la ricerca potra' condurci verso una nuova e fiorente pericoltura

"Che si tratti di aspetti fitosanitari, di miglioramento genetico, di tecniche agronomiche, di tecnologie di conservazione, bisogna investire nella ricerca. Il modello pubblico-privato è certamente quello vincente: una ricerca pubblica efficace ed efficiente è capace di attirare risorse che vengono anche dai privati". E' quanto dichiarato da Ugo Palara, coordinatore dei tecnici OI pera, durante l'evento online "Un anno da Futurpera: problematiche e prospettive", tenutosi lo scorso 28 novembre. 

"Credo che la ricerca non si debba limitare all'ambito fitosanitario, per quanto, al momento, nella pericoltura abbia la maggiore urgenza. Bisogna però valutare anche altri aspetti".

"Serve innovazione, a partire da quella varietale. Cambiano, infatti, gli stili e i gusti dei consumatori. Secondo i dati di CSO Italy, negli ultimi due anni il consumo delle pere è diminuito del 12%. I consumatori dicono di preferire altre referenze, ma fanno anche presente che non sempre le pere sono fornite al giusto grado di maturazione. Quest'ultima è una responsabilità di cui ci dobbiamo assumere l'onere".

"Un altro aspetto importante, segnalato dai consumatori, è che il sapore non è sempre in linea con le aspettative, in particolare con quelle delle giovani generazioni - continua Palara - Le pere che conosciamo oggi, vengono acquistate soprattutto da un consumatore di età media o avanzata. Bisogna perciò trovare nuove tipologie, con requisiti che possano generare occasioni di consumo per le nuove fasce di acquirenti".

La pericoltura italiana si basa fondamentalmente su due varietà: Abate Fetel e William. "Due varietà che hanno oltre un secolo e mezzo di vita". Ma questo non deve essere visto per forza come un dato negativo, secondo Palara. "Aver concentrato la produzione su poche varietà ha consentito di razionalizzare i cicli di coltivazione e conservazione, ma anche di farle conoscere bene. Le pere, infatti, sono uno dei pochi frutti che il consumatore conosce con il loro nome".

Fonte: CSO Italy - Clicca qui per un ingrandimento dell'immagine.

Negli ultimi 20 anni, ci sono state poche introduzioni. Ad esempio: Carmen, Angelys, Sweet Sensation, QTee. "Non è facile introdurre nuove pere. Si tratta di varietà sviluppate a livello internazionale. Carmen, in particolare, è nata in Italia ed è frutto del miglioramento genetico nazionale. Questa pera, negli ultimi anni, ha sviluppato importanti superfici, sia in Italia che all'estero".

I requisiti di una nuova pera
"Le indicazioni attuali dei consumatori ci dicono che le pere devono essere di bella forma, preferibilmente a buccia rossa. Questi sono caratteri non facili da ottenere in forma stabile da parte dei breeder. Inoltre, vogliono nuovi gusti: polpa croccante e succosa, associata all'aroma tipico delle pere europee. E anche questo è un altro aspetto di difficile ottenimento. Piace, infine, anche la polpa rossa".

Prima ancora di costanza produttiva, alte rese unitarie ed elevata qualità dei frutti, oggi tutti i breeder mondiali hanno altri focus da introdurre nella genetica della pericoltura. Il motivo conduttore, secondo Palara, è la resistenza ad avversità biotiche (maculatura, colpo di fuoco, ticchiolatura, psilla) e abiotiche (es. alte temperature e siccità).


Clicca qui per un ingrandimento dell'immagine.

"In Italia, dobbiamo fare una grande scelta di campo sul tipo di ricerca che si vuole adottare - evidenzia Palara - Al giorno d'oggi, ci sono le nuove biotecnologie, con una serie di tecniche che ci consentirebbero di sveltire enormemente i processi di miglioramento delle nostre varietà. Dal mio punto di vista, è necessario investire in questo tipo di innovazione biotecnologica".

Modelli di impianto
Una riflessione, secondo Palara, va fatta anche sui modelli di impianto. "Il pero è una specie abbastanza plastica, che si adatta bene a diversi criteri di impianto, ma il cui fattore discriminante è il portinnesto. Negli ultimi anni è stato adottato in maniera eccessiva il modello ad altissima densità, di stampo nord-europeo. Abbiamo copiato molto quello che fanno gli olandesi, ma su questo dovremmo tornare a riflettere. Nei Paesi Bassi, le rese per ettaro delle Conference vanno da 40 a 60 tonnellate, ogni anno. Le rese medie dei nostri pereti, in particolare Abate Fetel, tendono invece al ribasso".

"Dobbiamo studiare nuovamente i diversi modelli di impianto e la loro capacità di adattarsi alle diverse situazioni. Dobbiamo continuare a perfezionare gli strumenti tecnologici che la ricerca ci mette a disposizione, come la sensoristica o la frutticoltura di precisione, per ottimizzare il controllo del processo agronomico e monitorare lo stato fisiologico del frutteto".

Non meno importante, secondo Palara, la necessità di ottimizzare i criteri di coltivazione, che devono poi tradursi in sostenibilità, ambientale e, soprattutto, economica. "Ridurre gli input significa ridurre i costi. Incrementare rese e qualità significa incrementare la PLV. Ridurre gli input si traduce nel ridurre l'impatto ambiente e salute".

Il grande tema del post-raccolta, troppo sottovalutato
"Bisogna lavorare di più sulla qualità del prodotto che immettiamo nelle celle refrigerate. Commercializziamo pere per almeno 9 mesi l'anno, perciò la storabiltà è strategica. Dobbiamo lavorare di più sul monitoraggio qualitativo del prodotto in pianta, sulle curve di maturazione, sugli standard di raccolta per innalzare il potenziale qualitativo del prodotto che entra negli stabilimenti di condizionamento, ma anche credere di più e investire sui nuovi approcci di ricerca. In altre parole, è necessario ricostruire in Italia una grande scuola del post-raccolta, che supporti di più il settore produttivo", conclude Palara.