Kiwi greco o italiano: l'origine deve essere indicata chiaramente, senza dubbi di sorta. "Quanto denunciato dal Past President di Fruitimprese Emilia Romagna, Maurizio Filippi (cfr. Freshplaza del 1/12/2020), circa la vendita di kiwi proveniente dalla Grecia come italiano, costituisce reato", spiega l'avvocato Gualtiero Roveda, consulente di Fruitimprese.
"Quando nell'ambito di un'attività commerciale viene consegnato all'acquirente un prodotto per un altro, ovvero diverso per origine e/o provenienza rispetto a quanto dichiarato o pattuito, vi è la violazione dell'art. 515 c.p. Il bene giuridico che il legislatore ha inteso tutelare con la sanzione penale è quello della buona fede negli scambi commerciali, che fonda il diritto dell'acquirente, consumatore, distributore o intermediario che sia, a non essere vittima di un contratto al quale sia stata data esecuzione sleale. La correttezza è presupposto fondamentale nello scambio dei beni. La sua mancanza produce sfiducia e ostacola lo sviluppo del commercio sia nel mercato interno, sia in quello internazionale".
FreshPlaza (FP): Occorre che la denuncia sia effettuata dall'acquirente?
Gualtiero Roveda (GR): No. Il reato è procedibile d'ufficio e l'Autorità giudiziaria competente è il Tribunale monocratico.
FP: In quali casi si tratta di reato?
GR: La commissione dell'illecito si consuma nel momento e nel luogo in cui viene consegnata la cosa. L'elemento soggettivo del reato è caratterizzato dal dolo generico. Non sono perciò richieste, per la sua consumazione né particolari modalità ingannevoli, né finalità di lucro: è sufficiente la consapevolezza e volontarietà del venditore di cedere un prodotto diverso da quello stabilito. E' anche configurabile il tentativo di frode. Integra, ad esempio, tale ipotesi delittuosa la detenzione presso il magazzino dell'azienda di kiwi difforme per origine da quanto indicato in etichetta.
FP: Sostanzialmente vendere un prodotto per un altro rappresenta una truffa?
GR: Il reato di frode in commercio previsto dall'art. 515 c.p. è diverso da quello più grave di "truffa" previsto dall'art. 640 c.p. anche se il confine è piuttosto labile. La stessa giurisprudenza ha dato soluzioni interpretative contrastanti. La tesi che appare preferibile è quella che ravvisa la sussistenza della "truffa" e non della "frode in commercio" quando l'acquirente è stato indotto, per mezzo di artifici o raggiri, a concludere un contratto che altrimenti non avrebbe concluso e che dall'operazione derivi a quest'ultimo anche un danno patrimoniale.
FP: Quali sono le sanzioni?
GR: Il reato è punito con la reclusione fino a due anni o con la multa fino a 2.065 euro. La condanna comporta anche la pubblicazione della sentenza in ragione di quanto stabilito dall'art. 518 c.p.
Il reato in esame rientra anche tra i "reati presupposto" previsti dal D.Lgs. n. 231/2001, in materia di responsabilità amministrativa degli enti, accertata in sede penale. La commissione del reato di "frode in commercio" è fonte di responsabilità per l'ente nel caso in cui la condotta delittuosa venga posta in essere da soggetti che svolgono funzioni per l'impresa e che quest'ultima ne abbia avuto interesse o vantaggio.
A ciò consegue che, oltre alla penale, personale responsabilità di coloro che hanno commesso il reato, potrà essere rilevata una responsabilità amministrativa della società, accertata dal giudice penale.
In ordine alle sanzioni, l'art. 25-bis del D.Lgs. n. 231/2001 prevede una sanzione pecuniaria sino a 500 "quote". La pena viene applicata per quote in un numero non inferiore a cento né superiore a mille. L'importo di una singola quota va da un minimo di euro 258,23 ad un massimo di euro 1.549,37. Non è ammesso il pagamento in misura ridotta.
In pratica, il giudice determina dapprima l'ammontare delle quote, poi il valore monetario della singola quota. L'importo finale è dato dalla moltiplicazione tra il valore della singola quota e il numero complessivo di quote che quantificano l'illecito. La sanzione pecuniaria potrà quindi essere ricompresa in un range che va da un minimo di euro 25.800 a un massimo di euro 1.549.000.