Non sono stati né il Covid-19, né la chiusura di alcuni canali commerciali conseguenti alle restrizioni causate dalla pandemia, né il surplus produttivo ad aver inferto un duro colpo al comparto agrumicolo siciliano. Perché parliamo di un settore agonizzante da anni, tenuto in vita da perdite costanti che gravano da decenni sulla pelle dei produttori, costretti a commercializzare agrumi al di sotto dei costi di produzione.
E' questo il parere di Salvatore Imbesi, direttore tecnico della ditta Ortogel, nel tracciare le problematiche che affliggono il comparto.
"Leggo dai giornali che in Sicilia, finalmente, si acquisisce consapevolezza che i costi di produzione della filiera siciliana sono superiori di oltre il 200% rispetto a quelli dei Paesi terzi, e che finalmente si parla di regole e di un catasto agrumicolo nazionale. Senza voler essere monotematico, ma repetita iuvant, già tre anni fa (vedi articolo correlato) sulle pagine di questo giornale avevo parlato della fragilità di un comparto che, senza regole certe, mette a rischio la competitività dell'intera filiera. Chiaro che, in un'annata come l'attuale, in cui c'è la necessità di assorbire una valanga di agrumi di piccolo calibro, collocarli sul mercato è una catastrofe! E' dunque necessario ribadire che la tutela dei settori agroalimentari passa attraverso strategie che supportino tutti gli attori della filiera. Un comparto che cresce programma gli investimenti sulla base di una visione di lungo periodo, sostenuta da regole chiare che abbiano come dato inderogabile di riferimento i volumi siciliani movimentati".
Imbesi sottolinea da anni la necessità di istituire un catasto agrumicolo, in grado di monitorare, attraverso un database nazionale, i volumi totali.
"Con un catasto nazionale - precisa Salvatore Imbesi - finalmente sapremo esattamente i volumi che si producono in Italia e quanto prodotto arriva dall'estero. Ma potremo stabilire al contempo un prezzo equo per le nostre produzioni esattamente come avviene, per esempio, in alcune filiere ben organizzate del nord Italia. Ciò vale per tutte le filiere ortofrutticole siciliane del fresco (agrumi, melograno, ficodindia, nettarine) ma soprattutto del trasformato, che allo stato dell'arte consegna ai mercati un prodotto che non certifica al consumatore né la reale origine del prodotto né il relativo territorio di trasformazione. Nello specifico, bisogna puntare alla competitività sul mercato, migliorare la qualità del prodotto, e la redditività di tutti gli attori della filiera".
"In assenza di tali semplici regole, non vi saranno certezze per l'intera filiera e avranno benefici solo quanti, approfittando - come in una giungla dell'assenza di dati certi - continueranno a spacciare per prodotto italiano quello che non lo è, a scapito dell'anello più debole della catena e cioè il produttore".
"Ortogel, nonostante il surplus produttivo - dice Salvatore Imbesi - ha garantito, in partnership con le più importanti imprese siciliane che aderiscono al progetto di filiera, il ritiro della frutta e soprattutto il prezzo. Pertanto, la campagna dei derivati di agrumi attualmente in corso non è stata oggetto di speculazioni commerciali, grazie alle aziende che hanno programmato la trasformazione esclusiva di derivati ottenuti da agrumi italiani".
A differenza della campagna 2020, l'attuale situazione presenta congrui volumi di agrumi di piccolo calibro o non idonei al mercato del fresco. Ortogel ha sempre garantito ai produttori un prezzo equo, in linea con le quotazioni del prodotto fresco, nonostante la problematica dell'alternanza produttiva tipica delle campagne agrumicole.
Il prezzo riconosciuto dalla Ortogel alla produzione non scaturisce tuttavia dall'aumento dei prezzi di vendita dei derivati, ma dal nuovo equilibrio di mercato che ha generato la filiera Ortogel. In assenza di detta filiera, negli anni di carica produttiva la quotazione degli agrumi da industria era precipitata addirittura a 0,5 cent/kg. E' indubbio che, per evitare tali anomalie di mercato, il settore necessiti di regole ferree che permettano a tutti gli attori della filiera di concorrere sul mercato con regole omogenee; ma anche di dati su cui sia possibile stimare preventivamente le rese agricole, anche in relazione alla tipologia e all'età degli impianti.
Ortogel sta affrontando anche il problema dell'entrata in vigore del regolamento comunitario 2020/1085 che vieta l'utilizzo in agricoltura dei due principi attivi Clorpirifos e Clorpirifos metile su tutte le matrici alimentari (fresco e trasformato) abbassandolo a 0,01 a partire dal 13 novembre 2020. Già da aprile 2020 Ortogel si è fatta promotrice presso le istituzioni competenti della richiesta di emissione di provvedimenti urgenti con ausilio dell'associazione di settore Anicav (Associazione Nazionale Industriali Conserve Alimentari Vegetali), affinché si trovi una soluzione a un problema che non può essere imputato né al produttore né tantomeno al trasformatore.
"Purtroppo - conclude Imbesi - tali pesticidi utilizzati in campo fino a tale data si ritrovano come residuo nell'olio essenziale, rendendo tale derivato invendibile. A fronte di tale regolamento, che non prevede un periodo transitorio, gli organi amministrativi italiani preposti non hanno fornito ancora indicazioni in merito all'uso o al ritiro dal mercato dei derivati ottenuti prima dell'entrata in vigore del provvedimento".
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