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Settore sementiero e biologico: un binomio che può crescere

La domanda di seme biologico certificato è in continuo aumento e le aziende di moltiplicazione dovrebbero cominciare a fare una seria programmazione.

"La programmazione sarà l'arma vincente per riuscire a colmare la domanda di seme biologico certificato e per metterne in produzione le quantità occorrenti - afferma Lorenzo Falcioni, vice presidente della cooperativa Cac di Cesena - in questo modo, le aziende sementiere e gli imprenditori operanti in agricoltura biologica potrebbero trarre benefici da un'economia di scala, con un costo del seme bio più competitivo, oltre alla possibilità, per gli agricoltori stessi, di iniziare a svolgere l'attività di moltiplicazione".

"In Romagna siamo bravi con le sementiere e siamo bravi a fare il bio. Può essere una risposta, un'opportunità, a un mondo che non se la sta passando molto bene, con le gelate e altre calamità, e nel quale bisogna aver presente anche la redditività dell'impresa agricola".

A livello nazionale, sono coinvolti 15.000 agricoltori per le specie agrarie e 4.000 per le specie orticole. La superficie di produzione delle sementi ufficialmente certificate nel 2019 si attesta a 202mila ettari. Circa il 25% della superficie è localizzata in Emilia-Romagna, che è la prima Regione italiana in termini di aree dedicate alla produzione di sementi di specie certificate sia per le specie agrarie sia per quelle orticole e aromatiche (nel 2020, circa 50mila ettari, di cui circa 11mila con colture con alta Plv come bietola e orticole, comprese le aromatiche).

Nella sola Romagna, le superfici coinvolte nella riproduzione di sementi rappresentano circa il 50% della superficie totale regionale dedicata alle sementiere. In particolare, nel territorio ravennate si concentra la maggior parte della riproduzione di sementi di erba medica, barbabietola da zucchero, così come di molte specie orticole e di cereali da seme. A Cesena opera la Cooperativa Cac, il cui stabilimento è il primo in Europa per volumi e tecnologie nella lavorazione del seme.

Negli ultimi dieci anni, sottolinea Anabio-Cia, si è registrata una significativa crescita della superficie investita a produzione bio e, nel 2020, l'area destinata ai semi bio, in Italia, è aumentata del 28% rispetto al 2019.

Ciò va colto come una sfida per rispondere a una domanda ancora latente di sementi bio diversificate, adattate alle condizioni di produzione biologica e locale. Attivare questo processo vuol dire, inoltre, guardare alla scadenza del 2036, quando non sarà più possibile far ricorso alle deroghe imposte dalla normativa Ue.

Oggi, già 2 specie non sono più in deroga (erba medica e trifoglio Alessandrino); a queste se ne potrebbero aggiungere altre 15 nel corso del 2022. In tale contesto, torna il focus sulla Banca Dati Sementi, che al momento contiene 878 specie e varietà, e deve diventare sempre più lo strumento di gestione per la moltiplicazione vegetativa con metodo biologico e sempre meno il mezzo per le deroghe.