Dopo che anche in Basilicata, cosi come in Puglia, è stata emanata l'ordinanza che vieta il lavoro nei campi con esposizione prolungata al sole e nelle ore più calde della giornata, i commenti che ci giungono da operai e agricoltori sembrano unanimi: nessun ostacolo alla direttiva per le operazioni colturali, ordinarie o straordinarie che siano.
"Neanche in primavera, quando stare all'aperta è piacevole - spiega un bracciante agricolo di Policoro (Matera) - abbiamo mai terminato di lavorare oltre mezzogiorno. Ovviamente, ora che le temperature sono aumentate, si inizia a raccogliere all'alba e si finisce dopo 6 ore e 40 minuti. Questo vale per tutte le produzioni al momento disponibili, come drupacee, meloni, angurie e ortaggi in generale. C'è anche chi si organizza con la ripresa delle operazioni di raccolta al tramonto, quando il caldo si è attenuato".
Stessa cosa per gli interventi di preparazione del terreno, di difesa e di nutrizione delle coltivazioni. Si inizia alle 5, o addirittura di notte, e a metà mattinata si è già terminato.
Un produttore di angurie di Metaponto invece ci riferisce: "Sono anni che lavoro sotto al sole, senza mai aver sofferto in modo particolare le alte temperature, ma con questo caldo anomalo e prolungato è impossibile non risentirne. Non si può far lavorare la gente in campo aperto e per diversi giorni con temperature vicine ai 40° C. Dobbiamo adeguarci e pianificare al meglio le attività. Ci siamo organizzati anche con i clienti e con le società di autotrasporti: si carica fino alle 12 e si riprende, eventualmente, alle 17, a prescindere dalla mappa di rischio di "Workclimate" elaborata dall'Inail e citata nelle ordinanze delle regioni".
Al momento, le regioni italiane in cui è in vigore il divieto di lavoro agricolo nelle ore più calde sono quattro: Basilicata, Calabria, Molise e Puglia.