Inseguire le produzioni di mandorla californiane, australiane e spagnole, sul piano quantitativo, è un'ardua impresa, praticamente impossibile, ma non è neppure necessario se si gioca la partita sulla qualità organolettica, almeno nei confronti delle prime due. Questo e altro è emerso durante le "Giornate di Mandorlicoltura" che si sono svolte dal 23 al 25 ottobre scorso in Sicilia, negli areali vocati tra le province di Caltanissetta e Agrigento.
Il tavolo dei relatori al convegno di giorno 23 ottobre
Il convegno di apertura (vedi articolo correlato) ha fatto registrare la qualificata relazione di Cateno Ferreri, anch'egli agronomo, presidente dell'Associazione Produttori di Mandorla Siciliana - A.Pro.Ma.S. il quale, tra l'altro, ha parlato del posizionamento della mandorla sullo scaffale.
"Nel collocare la nostra mandorla sui mercati - ha detto il presidente – bisogna fare la differenza tra nutrizione e nutraceutica: la nostra pregiata mandorla si presta ad entrambe le soluzioni. Cosa che non si può dire di altri prodotti circolanti sul mercato europeo. Ed è per questo che bisogna elevare ulteriormente l'aspetto qualitativo: da qui dobbiamo ripartire, a cominciare dall'avvio dell'iter per il riconoscimento Igp-Indicazione geografica protetta e la produzione, come è già stato detto, in regime biologico. L'Italia, da primo produttore mondiale negli anni '60 si è ridotta a quarto produttore, con un misero 3% che, nel complesso, non fa testo o quasi. Considerato che la California e l'Australia stanno invadendo i mercati globali, nonostante conoscano questa referenza soltanto da alcuni decenni, vale la pena rilanciare il settore anche qui da noi, in Italia, dove conosciamo la mandorla da oltre 2000 anni!".
In primo piano: Cateno Ferreri, presidente A.Pro.Ma.S.
Ed è proprio sulla tradizione che si è allacciato l'intervento di Vito Vitelli, animatore della tre giorni sulla mandorlicoltura, il quale ha ribadito che "se oltreoceano la mandorlicoltura è nata più come un progetto economico, in Italia esiste da sempre, con forti radici culturali".
"Dobbiamo ricominciare dalla nostra identità culturale - ha continuato l'esperto - per riappropriarci del nostro ruolo sui mercati internazionali, visto che uno dei mercati più importanti è proprio quello italiano: per tradizione gastronomica e per la presenza dell'industria pasticcera di alto profilo richiede un prodotto di grande qualità, che solo noi possiamo offrire. Il mercato c'è ed è in crescita: prova ne siano gli aumenti di superfice in Europa come in Australia, che crescono ogni anno a doppia cifra. Mentre in Italia c'è un incremento annuale di circa 2500 ettari, tra Spagna e Portogallo l'incremento è di 20-25 mila ettari. Ecco perché dobbiamo iniziare a parlare di mandorla italiana e non solo siciliana o pugliese. Esempi virtuosi di coltivazione arrivano dalla Basilicata , ma anche dal Lazio e Sardegna, dove stiamo iniziando a coltivare con risultati molto incoraggianti".
Vito Vitelli
"L'opportunità che deriva dalla presenza di un OP come "La Mandorla" di Mazzarino - ha aggiunto Vitelli - è quella di fare divulgazione. La conoscenza deve essere libera, ed è per questo che sono state organizzate queste giornate, di cui, quella del 24 ottobre destinata alle visite in campo e quella successiva a un corso di potatura quale elemento qualificante del processo produttivo moderno e intensivo. Un mandorleto è un frutteto a tutti gli effetti, quindi va posta la stessa cura e dedizione di un pescheto e albicoccheto. Dobbiamo puntare sulla massima sostenibilità e produrre mandorle sempre più salubri.
Certamente sono tante le richieste, in Italia (e non solo), per la messa a dimora di nuovi impianti, ma non bisogna cadere in facili entusiasmi. Prima va fatto sempre uno studio di fattibilità. Tutto ciò mentre in California si assiste alla moria dei mandorli, a causa di una imperversante siccità. Un alleato del benessere della pianta - e più specificamente della sostenibilità e della redditività del mandorlo - è una gestione della chioma qualificata.
Un momento della giornata in campo. (Clicca qui per vedere tutte le immagini dell'evento)
"Una corretta potatura - ha concluso l'esperto - aiuta nelle rese, ma bisogna cambiare molte cose negli attuali processi produttivi per addivenire a una corretta quantità raccolta per ettaro. L'attuale standard di 1 ton/ha è improponibile: bisogna triplicare nell'immediato e decuplicare con il senno di nuovi impianti intensivi. Ciò è possibile con il sistema Zaragoza, che sta dando molteplici soddisfazioni in Spagna, laddove tale tecnica è stata messa a punto".
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Vito Vitelli
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vitovitelli.blogspot.com