Riceviamo e pubblichiamo questa lunga lettera aperta che fa una disamina del settore italiano delle pere, in particolare quello dell’Emilia Romagna. La pubblichiamo quasi integralmente in quanto, pur contenendo fatti incontrovertibili e opinioni personali, rappresenta lo sfogo di un operatore che non nasconde le responsabilità proprie e di tutto il comparto nell'attuale crisi in cui esso versa.
"Dai 40.000 ettari di superficie a pero coltivati in Italia nel 2008 (dati rivista Frutticoltura 08.10.2021) si è passati a 8000/10.000 ettari previsti in produzione per la primavera del 2023, di cui le pere Abate saranno 2000/3000 ha, forse. Le statistiche ufficiali le avremo nel 2025! Fra le cause di una riduzione così drastica delle coltivazioni vi sono anche motivi legati a cambiamenti climatici, consumi, all'affacciarsi di nuovi prodotti (frutta esotica), ai mutati stili di vita. Inoltre, fra le cause vanno indicate pure le chiusure di importanti sbocchi commerciali quali la Russia (pagavano molto bene il calibro 75/oltre) e la Libia (prediligeva il calibro 55/65); quest'ultima era divenuta il terzo mercato di vendita per le pere Abate. Ma una debacle così mostruosa (perdita del 75% di produzione in pochi anni) trova le sue cause anche all'interno della filiera del pero: dalla politica ai tecnici, passando per gli operatori commerciali.
Ma proviamo ad andare con ordine".
L'operatore, nella sua lettera aperta, lamenta quanto segue: "L'avvento del sistema di allevamento "super-fitto" a metà degli anni 2000 nella coltivazione di Abate, con circa 12.000 / 15.000 piante a ettaro di Cotogno C, è stato un grande errore: le Abate sono apprezzate dai consumatori come frutto grosso e invece il super-fitto sfornava (oggi è stato praticamente estirpato) calibri dal 55 al 65, con colore verdognolo (mancanza di luce) e polpa insapore (gradi brix molto bassi). Questa affermazione non può essere negata perché oggi, a novembre 2022, con una produzione reale di 80.000 ton vendibili - forse (in Italia le statistiche sono fatte con metodo politico, non scientifico) - per il fresco, il calibro 55/65 viene venduto a 0,50/0,55 cent imballo compreso (per noi produttori si tratta di un netto di 15/20 cent al kg), mentre il calibro 70/80 vale di più, ci sarebbe richiesta, ma non si trova".
"L'idea scellerata dell’Unione europea, subito avallata dalla politica italiana, di eliminare principi attivi che venivano usati specificatamente per combattere la Maculatura Bruna (Stempylium vesicarum) e in generale gli altri marciumi (Alternaria alternata ed altri agenti) - scrive l'operatore - ha causato forti perdite ai produttori e poi portato alla disperazione i pericoltori che non sono più riusciti a combattere queste fitopatologie e che, anche quest'anno, hanno visto le produzioni ridursi ulteriormente a 5 ton/ha di Abate. Infatti, dalle 130.000 tonnellate previste di raccolto se ne sono forse ottenute per il fresco 80.000 (senza calcolare lo scarto dentro i bins) e questo è il motivo di ulteriori espianti diffusi, che porteranno alla stima sopra esposta di ettari in produzione nella primavera 2023".
La lettera aperta prosegue: "Le aggregazioni o pseudo tali, nate principalmente grazie ai contributi pubblici (aggregazioni di OP) secondo me sono e saranno tutte dei fallimenti: non nascono dalla volontà di sostenere il produttore, a qualunque orientamento politico egli appartenga, o per insegnargli a produrre meglio o a vendere di più in funzione del consumatore, anzi: agli agricoltori non arriva alcun guadagno, ma solo complicazioni burocratiche".
"Nel 2018, quantità importanti di pere Abate di calibro medio circolarono sul mercato a quotazioni molto basse, generando un forte disorientamento fra tutti gli operatori, anche quelli esteri. il messaggio che ne derivò fu che “se le pere Abate si possono avere quasi gratis, pubblicizzate in TV come di 1^ qualità, confezionate, bollinate e rese nei mercati, allora non sono da considerarsi un prodotto di eccellenza, bensì una commodity”: e così in quell'annata gli agricoltori si videro decurtate le liquidazioni. Da quel giorno, io penso - scrive l'operatore - è iniziato il declino della produzione, complici anche due anni di cimice asiatica, poi le gelate… A proposito di queste ultime, dopo 18 mesi dalla calamità, gli aiuti promessi ancora non si vedono".
"Per quanto riguarda i trattamenti, se avessimo potuto impiegare fino a 60 giorni prima della raccolta alcuni principi attivi (come i ditiocarbammati e i similari dell'iprodione che costano anche poco e vengono ancora prodotti in India e Cina), non sarebbe stata una rovina! La rovina è stata invece avere autorizzato prodotti inutili, che oltre a costare molto (anche 100 €/Kg) non funzionano sulle patologie sopra indicate e creano anzi ceppi resistenti. Tanti tecnici ci dicono che l'Alternaria di oggi è un "mostro", sviluppatosi proprio per avere usato prodotti sbagliati e che nessuno fa ricerca per trovare una soluzione".
"Tanti miei colleghi, pur investendo molto in prodotti di difesa, non si sono salvati dai marciumi né dalla cimice, e i loro frutti non hanno fatto calibro lo stesso. Chi poi racconta che nel biologico c'è meno Alternaria, diffonde notizie tutte da dimostrare. A mio personale parere, la pera Abate realmente organic non esiste; e quelle che girano non sempre sono di 1^ qualità, come richiede il mercato internazionale".
L'agricoltore sottolinea: "Nazione che vai, poi, regola che trovi: in alcuni paesi i produttori usano il DPA per le pere dirette verso il Brasile; altri, fortuna loro, non sono soggetti al problema dell'Alternaria. In Italia, per evitare il riscaldo tradizionale nella conservazione invernale, è autorizzato un solo prodotto "innovativo", ma che richiede competenze per poterlo usare e il cui impiego scorretto può rendere le pere immangiabili. Il risultato è che si continua a ignorare un consumatore che porta a casa pere pagate 2,5/3,5 euro al kg e che però non lo soddisfano al palato".
"L'Italia è il quarto produttore di pere al mondo, esclusa la Cina (fonte USDA, June 2022) ed è il secondo produttore di Williams/Bartlett al mondo. Sapete quanti container di pere Williams vengono fatti annualmente per le destinazioni d'oltremare? Nessuno! E pensare che la vera pera conosciuta internazionalmente è appunto la William Bòn Chretien".
"Ringrazio FreshPlaza - conclude l'agricoltore - per questo spazio di sfogo, ma credo che nessuno prenderà in esame questa lettera. Diranno che è offensiva, disinformata, ecc.. Ma la realtà è una soltanto: resteranno in Italia, se non si ascolta quello che scrivo, dei fazzoletti in coltivazione di pere che gli agricoltori più bravi (quest'anno abbiamo avuto un 10/15% di agricoltori capaci e fortunati, con pere sane e grosse) riusciranno a produrre e a vendersele da soli, con buona pace di tutti gli attori della filiera, e del priore Abbé Fétel, assieme al quale riposeranno le “sue” Pere Abate…"
Grazie per l’ospitalità
Lettera firmata