Ha toccato i 100 ettari il progetto Nocciolo che Terremerse ha attivato due anni fa. "Un buon risultato - commenta il coordinatore Marco Babini - che comunque ha risentito della congiuntura economica negativa. Non tutti in questo periodo se la sentono di affrontare investimenti a lungo termine ma, allo stesso tempo, c'è proprio chi ragiona nel medio e lungo periodo e non sulla scorta delle emozioni del momento".
Marco Babini
Le regioni in cui è maggiore la presenza di ettari sono: Emilia Romagna (Romagna più zone di Bologna e Ferrara), Marche, sud dell'Umbria e nord del Lazio.
"Le caratteristiche del Progetto Nocciolo sono interessanti - aggiunge Babini - Prima di tutto, c'è un contratto di coltivazione che garantisce il prezzo di ritiro. Poi la filiera professionale, con tutta l'assistenza del caso. Da considerare anche che è una coltivazione dal basso fabbisogno idrico e si presta a un'elevata meccanizzazione. Infine, è proiettata al futuro e ai parametri del Farm to Fork, visto che necessita di pochi trattamenti di difesa e concimazioni. Allo stesso tempo, assorbe molta CO2".
Circa la coltivazione, vanno bene sia zone di pianura sia di collina. Come superfici, si va da un minimo di 2 ettari nelle zone dove è già organizzata la filiera, a un minimo di 6 dove la logistica è da pensare ex novo.
"Terremerse - conclude Babini - crede molto nel nocciolo come valida alternativa per diversificare l'assetto colturale delle aziende, grazie ai bassi costi di impianto, l'alto tasso di meccanizzazione, l'accordo di filiera con Ferrero e la possibilità di accedere alla rendicontazione Ocm con l'Op Terremerse Sezione Ortofrutta".
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Progetto nocciolo