Con oltre 3.000 ettari di castagneti e un volume di 6.000 tonnellate, il Cile esporta verso Italia, Spagna, Portogallo, Francia e Stati Uniti, beneficiando anche di un prodotto di alta qualità, privo delle problematiche fitosanitarie presenti in Europa.
Tra le destinazioni estere per castagne e marroni cileni, l'Italia risulta quella principale.
Il settore castanicolo cileno è in espansione: le proiezioni a 5 anni prefigurano 10.000 tonnellate di raccolto, con una maggiore produzione di marroni, molto apprezzati sui mercati internazionali, rispetto alle castagne comuni.
Si stima che, entro il 2026, il settore varrà più di 4.000 milioni di dollari e che il solo mercato europeo avrà bisogno di circa 200.000 tonnellate per soddisfare la sua domanda.
Ciò ha motivato l'industria cilena a promuovere il Forum cileno sull'internazionalizzazione del castagno che, realizzato in modalità ibrida, ha visto la partecipazione di oltre 140 persone.
Vari i temi discussi nell'occasione: dal miglioramento della coltivazione delle castagne, alla sfida di aggiungere valore ai prodotti di esportazione mediante referenze trasformate, come per esempio la farina di castagna o le castagne con il miele o sciroppate o le salse per carni.
Le strategie di internazionalizzazione, l'innovazione e gli investimenti nella castagna cilena e la promozione dello sviluppo territoriale sono stati all'ordine del giorno l'8 e il 9 novembre a Chillán, capoluogo della regione Ñuble.
Il Cile punta infatti a posizionare la regione di Ñuble come leader nelle esportazioni di castagne, dato che rappresenta il 50% della produzione nazionale.
All'evento hanno partecipato esperti cileni e stranieri delle Università italiane della Tuscia e di Torino e di quelle cilene di Bio-Bio e Talca, di Fedefruta, di Andes Value Research, di Chileorganic, di Sudamerik, di CORFO e di Prochile.
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