"Il XVII incontro-dibattito sul castagno, dal titolo Dalla Produzione al Consumo, si è tenuto con pieno successo". Lo afferma il promotore Elvio Bellini che, però, sottolinea un aspetto migliorabile. "La platea dei partecipanti (il 3 dicembre a Marradi, ndr), ha visto ricercatori, tecnici, presidenti di consorzi, associazioni e cooperative, ma non tanti castanicoltori. Le relazioni erano per gran parte rivolte ai castanicoltori-produttori e la loro scarsa presenza mi induce a pensare che l'interesse per questa generosa pianta non venga recepito nel modo corretto e di riconoscimento".
Entrando nel merito del convegno, Daria Lodi ha affermato - con dati alla mano - che il 73% della popolazione non acquista né castagne né marroni, né freschi, né trasformati. "Ciò mi ha colpito molto. Per me - prosegue Bellini - che provengo dalla vecchia generazione che, a cavallo dell'ultimo conflitto mondiale, si nutriva prevalentemente di castagne (prima fresche, poi secche "sempre in tasca e in masticazione", infine sfarinate per castagnaccio e polenta-pattona) devo riconoscere che ormai ben tre generazioni di italiani, ma non solo loro, non conoscono più la pianta del castagno"
Il fenomeno è dovuto al quasi totale abbandono delle montagne da parte dei loro abitanti che si sono rifugiati nelle città e hanno disconosciuto le grandi risorse offerte dal castagno nelle sue diversificate funzioni.
"Quindi le generazioni che si sono succedute da quei tempi si sono private di questa potenziale opportunità. Molta responsabilità ricade certamente nel corpo insegnante delle Scuole Primarie e Secondarie, che non hanno saputo insegnare ai ragazzi la "Cultura e la Coltura" delle nostre alte colline e montagne con i prodotti che ne derivano, tra i quali primeggiano i frutti del Castagno. Le grandi città si sono popolate sempre più, e questo problema si è ampliato oltremisura".
Continua Bellini: "In considerazione del fatto conclamato che il castagno da sempre regna sulle nostre montagne, superando e vincendo calamità e angherie di ogni sorta, sono fiducioso della sua sopravvivenza anche a questa fase di abbandono e di ignoranza generazionale. Noi però non possiamo arrenderci e allora dobbiamo ripartire dai giovani: andare nelle scuole preparati a convincere i dirigenti scolastici e gli insegnanti per indurli a inserire nei programmi didattici la "Coltura e Cultura del Paesaggio", la "Civiltà del Castagno", le "Radici della nostra Storia", il "Valore della Biodiversità Agro-Forestale", la "Nutraceutica del Castagno e dei suoi Frutti" e tanto altro ancora".
"I ragazzi non conoscono la nostra biodiversità e il paesaggio che circonda le nostre città. Posso capire tante cose, ma di insegnamento me ne intendo. Ho fatto ricerca al CNR per circa 25 anni e altrettanti li ho spesi all'Università. Ho realizzato aziende sperimentali presso diversi Atenei italiani, ora però posso solo dare consigli. E allora perché non realizzare alcune aziende dimostrative anche con impianti moderni di "Castagne da Frutto" e aule didattiche con laboratori all'interno di castagneti tradizionali"? si chiede, in conclusione, Bellini.