"E' come se questa campagna delle cime di rapa non fosse mai decollata - osserva Nellino Tamburrino, dell'omonima azienda agricola di Villa Literno (Caserta) - Fin da settembre, momento in cui è cominciata la campagna, l'andamento commerciale di questa referenza non è mai stato entusiasmante".
"Allo stato attuale, quotano all'incirca 80 centesimi al chilo - continua Tamburrino - Ma questo non è un prezzo sostenibile, per i produttori. Hanno standardizzato i prezzi a tre anni fa, senza riconoscere che i costi di produzione sono più che triplicati, in questi anni. Solo l'imballaggio costa circa 40 centesimi; a questo bisogna sommare l'aumento dei costi del carburante agricolo, e il costo fisso di manodopera, fondamentale per la raccolta. Di prodotto ce n'è, in Campania, ma il problema è che non c'è richiesta".
A sostenere questa tesi è anche Domenico Manna, che un tempo coltivava all'incirca cento ettari di cime di rapa; ora, tuttavia, tale referenza non fa più parte dei programmi colturali della sua azienda. "Non è più conveniente coltivare cime di rapa, perché non ci sono margini sufficienti per chi le produce - dice Manna - Quindi abbiamo deciso fosse meglio sostituirli con colture per il sovescio, in modo da migliorare il suolo e lasciarlo pronto ad accogliere le coltivazioni successive. Il problema delle cime di rapa è legato a una cattiva programmazione da parte delle aziende agricole, a questo poi si aggiunge il fatto che chi espianta i frutteti, nelle interfile degli alberi semina le cime di rapa, generando così un offerta eccessiva, talvolta mal gestita da chi le commercializza".