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Intervista al Prof. Giancarlo Polizzi, docente del Dipartimento Di3A - Università di Catania

Pistacchio: i numeri della coltivazione in Italia e nel mondo

In Italia, in totale si producono circa 300 mila tonnellate di frutta a guscio all'anno. Noci e nocciole sono presenti lungo tutta la Penisola. Mandorle e pistacchi sono invece tipici del sud Italia con Puglia, Calabria e Sicilia in testa. Pur avendo registrato negli anni un incremento di superfici e produzioni, in Italia rimane molto forte l'importazione di prodotto estero, in quanto la produzione nazionale non riesce a coprire la domanda e, pertanto, i commercianti sono costretti ad acquistare prodotto dai maggiori Paesi produttori.

Giancarlo Polizzi

"Dai dati Istat del 2017, si evince che le superfici a pistacchio in Italia non superano i 4.000 ettari, per una produzione di poco meno di 4 mila tonnellate, concentrate quasi esclusivamente in Sicilia". Ne avevamo parlato in un'intervista pubblicata solo in parte lo scorso venerdì (vedi Freshplaza del 03/03/2023) con Giancarlo Polizzi, docente del Dipartimento Di3A Unict. Ma vediamo chi sono i maggiori competitor del prodotto siciliano e quanto pistacchio producono all'anno.

"In base ai dati dell'Inc-International Nut and Dried Fruit Council Foundation pubblicati nel 2017, e che fanno riferimento al periodo 2015/2016 - ha detto Polizzi - la produzione mondiale di frutta secca a guscio si è attestata sui 4,2 milioni di tonnellate (+11% rispetto al periodo 2014/2015). Il prodotto che ha registrato il maggior volume è la mandorla, con 1,18 milioni di tonnellate, seguita dalla noce con 854 mila tonnellate; il pistacchio fa registrare valori di 762 mila tonnellate. Tra i Paesi, la leadership è degli Usa, con una quota di produzione sul totale del 42%. Seguono a distanza la Cina con il 10%, la Turchia con il 10%, l'Iran con il 6% e l'India con il 4%".

Sui mercati assumono sempre maggiore importanza le coltivazioni biologiche. Per quanto riguarda la Sicilia, il docente risponde in merito alla quota di mercato del pistacchio bio e a quanto se ne produrrà da qui ai prossimi 5/7 anni. "La coltivazione biologica è in crescita - spiega il professore - in quanto il consumatore ormai è sempre più attento alla qualità di ciò che mangia e alla propria salute. Pure i consumi di frutta in guscio, negli ultimi anni, hanno seguito queste scelte e infatti sono notevolmente aumentati grazie alla consapevolezza da parte del consumatore, che "la frutta in guscio fa bene alla salute".

Negli ultimi 10 anni, infatti, il consumo di frutta secca in guscio in Italia è raddoppiato e si assesta a circa 3 kg pro capite. "Il consumatore è più informato e si rende conto che la frutta in guscio siciliana è salubre e priva di quelle aflatossine che, invece, sono presenti nei prodotti che arrivano da altri continenti. E siccome oggi il consumatore è più consapevole, sceglie i prodotti della filiera siciliana che deve pertanto aumentare il suo potere contrattuale. In quest'ottica si collocano le recenti scelte imprenditoriali che vedono la riconversione di terreni oggi abbandonati in coltivazioni di frutta in guscio".

Pensare a un marchio "Sicilia"
Ha un senso arroccarsi su una nicchia come il Pistacchio DOP di Bronte o di Raffadali, viste le esigue quantità prodotte? E se invece esistesse un prodotto a marchio Sicilia, in grado di unificare tutte le eccellenze dell'isola sotto un marchio ombrello, che possa fare massa critica e rendere il prodotto eventualmente più competitivo sui mercati internazionali? Polizzi, in quest'ottica, fornisce un punto di vista piuttosto interessante: "I marchi di qualità rispondono all'esigenza di sicurezza alimentare da parte del consumatore e di un vantaggio economico per gli addetti ai lavori. Sicuramente, la frammentazione dell'offerta non ha la forza contrattuale che invece potrebbe ottenersi mediante una più efficiente organizzazione dei produttori. Più che la creazione di un marchio Sicilia, è fondamentale che vengano effettuate scelte tali da valorizzare la filiera della frutta a guscio nel suo complesso, sia da un punto di vista strutturale sia commerciale, mantenendo le individualità geografiche che qualificano i territori di appartenenza".

"È necessario - sottolinea, in conclusione, Polizzi - che tutti gli operatori del comparto siano dotati di strutture adeguate alla raccolta, alla conservazione e alla commercializzazione, secondo parametri di qualità differenziati e rispondenti alle varie richieste. L'adozione di tecniche sempre più ecocompatibili applicate nelle diverse fasi della produzione è sicuramente un valore aggiunto. In tal senso, i progetti e gli accordi di filiera rivestono fondamentale importanza".

Per maggiori informazioni:
Prof. Giancarlo Polizzi
[email protected]