A quanto pare, questo è l'anno delle prime volte, per il sottoscritto. E così, dopo l'onore di una rubrica a mia firma su questa testata, è arrivata anche la presenza a una tavola rotonda a tema ortofrutta, innovazione e suo futuro, in occasione del Cibus Parma 2023.
Temi di grande interesse, oltre che perfettamente attuali, anche se parlarne dopo due relatori che esponevano sugli effetti dei cambiamenti climatici e dell'innalzamento delle temperature medie sulla produzione orticola con tutte le ripercussioni negative dovute all'anticipo delle stagionalità, malattie, diminuzione delle rese, etc, faceva più presagire un problema, nel prossimo futuro, più di reperibilità che di innovazione!
Posto che l'innovazione è sempre stata, e sempre sarà, un fattore cardine per migliorare i prodotti in campo, adattarli alle mutate condizioni climatiche, alle nuove esigenze di consumo, coadiuvare i produttori nelle loro esigenze di resa, di profitto e shelf life, ho avanzato il dubbio che sia sempre e comunque auspicabile creare nuovi cloni e nuove referenze, indipendentemente dalle reali esigenze di mercato, di spazi espositivi, di sovrapposizioni assortimentali.
Partendo dall'assunto volutamente provocatorio che a oggi tutti possono produrre (e sottolineo la possibilità, non la facilità), la difficoltà principale risiede nel vendere il risultato di questo sforzo.
Se le case sementiere allargassero il tavolo di concerto dove studiare e programmare nuovi progetti oltre che ai produttori/imprenditori anche al mondo retail, si avrebbe una triangolazione di intenti e di esigenze che porterebbe a indirizzare nel miglior modo gli sforzi innovativi, minimizzando anche il rischio economico in virtù del fatto che il prodotto selezionato come papabile in campo avrebbe in realtà già anche il suo posizionamento assicurato in vendita. e al giorno d'oggi fare investimenti a rischio non azzerato, ma calmierato, credo sia un fattore vincente per ogni progetto in qualsivoglia ambito.
Quindi ben venga l'innovazione, ma non random e senza un preciso progetto di marketing a sostenerla, per evitare che rimanga una mera proposta.
Se poi penso al futuro dell'ortofrutta, mi sento di dire che risiede in quel sentiero che già si è cominciato a tracciare da qualche tempo e che a oggi si va via via sempre più radicando: la comunicazione, la specializzazione dei mestieri, la teatralizzazione dell'area vendita e in alcuni casi la sua spettacolarizzazione, con l'obiettivo di rendere l'esperienza di acquisto dei clienti un momento memorabile grazie al cosiddetto effetto "wow", molto più fidelizzante del caustico fattore prezzo.
Perché si può affermare che trattasi di un futuro già presente? Perché sono molti i fattori ormai evidenti in molta Gdo che fanno capire come il cambiamento sia già in atto.
Per chi, come me, frequenta linkedln non può essere sfuggito il fatto che sempre più repartisti, direttori commerciali, buyers (io in primis lo ammetto) etc. postano con comprensibile soddisfazione le foto delle proprie aree vendita allestite con grande cura, progettualità, animazione e teatralità, rifuggendo da anonime esposizioni lineari ad encefalogramma piatto, specie in occasione di promozioni, feste a tema, attività in store.
E' in atto una vera rivoluzione del modo di esporre, che non è mera autocelebrazione bensì la consapevolezza che il flusso clienti aumenta all'aumentare della cura espositiva, unitamente al fatto che eventuali percentuali di sfrido provocate dalla massificazione vengono ben ripagate dall'aumentare della percentuale di venduto.
E non solo: come ha sottolineato Annamaria Medici (product manager ortofrutta Multicedi Decò) nel suo intervento, è diventato anche prioritario comunicare con apposita cartellonistica (folder retro-cassa, totem, bugiardini etc.) le peculiarità delle referenze proposte, in particolare laddove si tratti di novità inserite per la prima volta in vendita, al fine di accompagnare i clienti verso un acquisto consapevole. e tanto più questo diventa necessario quanto più si aprono le porte alle innovazioni varietali, in particolar modo in quelle regioni dove lo zoccolo duro della tradizione rende più difficile la permeabilità al cambiamento.
Ovviamente, per sostenere questo processo occorre puntare e investire senza remore nella formazione del personale: anche in questo caso il futuro è già attuale, vedendo come molte insegne stanno portando avanti lo sviluppo delle scuole mestieri. Oggi non possiamo più permetterci di catalogare le mele in gialle rosse e verdi, ma si deve essere in grado di selezionarle per varietà, gusto, croccantezza, acidità e grado zuccherino, oltre che per sentori di sottofondo come frutta esotica etc., al fine di poter trasmettere consapevolmente, a mo' di sommelier, queste nozioni al cliente e guidarlo così nella giungla espositiva.
Ancora una volta, il domani è oggi ed il futuro è nelle nostre mani: ai posteri rimane solo l'onere dell'ardua sentenza.
Giancarlo Amitrano
responsabile ufficio acquisti ortofrutta
catena Cedigros
(Rubrica num. 9)