In Italia sono ancora molto diffuse le piccole imprese a conduzione familiare. La maggior parte del lavoro è svolto dal titolare, che riveste un ruolo predominante sia nell'organizzazione dei fattori produttivi sia nell'esecuzione delle attività in campo. Di rilievo, anche se tendenzialmente in diminuzione, è il contributo fornito da altri membri della famiglia e da parenti che collaborano nell'azienda, pur non facendo parte dello stesso nucleo familiare. È frequente il caso in cui la collaborazione sia occasionale e prestata gratuitamente. La pratica è ricorrente, ma soggetta a precise indicazioni normative che è bene osservare per evitare sanzioni e controversie. Chiediamo, sul punto, chiarimenti all'avvocato Gualtiero Roveda, consulente di Fruitimprese.
Gualtiero Roveda
FreshPlaza (FP): È frequente che un agricoltore si avvalga saltuariamente della collaborazione gratuita del coniuge, di familiari e parenti. Per evitare di incorrere in sanzioni è necessario iscriverli come collaboratori ai fini INPS?
Gualtiero Roveda (GR): Il cosiddetto decreto Biagi ha stabilito che le prestazioni svolte da parenti e affini, in ambito agricolo, non costituiscano lavoro autonomo o subordinato purché siano svolte in modo meramente occasionale o ricorrente di breve periodo, a titolo di aiuto o obbligazione morale senza la percezione di un compenso. Possono essere coinvolti parenti e affini sino al sesto grado. In origine, il rapporto di parentela/affinità era limitato al terzo grado, per essere poi ampliato sino al quarto e, da ultimo, fino al sesto.
FP: Pertanto, le prestazioni di parenti e affini entro il sesto grado non integrano un rapporto di lavoro subordinato o autonomo se l'attività è agricola, occasionale, svolta in virtù di una obbligazione di natura morale e quindi gratuitamente?
GR: Esatto! Non vi dovrà essere alcuna corresponsione di compensi, fatte salve le eventuali spese di mantenimento o spese sostenute per l'esecuzione dei lavori.
FP: Anche gli amici che danno occasionalmente una mano all'agricoltore, senza avere alcun tipo di corrispettivo, sono sottoposti alla stessa disciplina?
GR: Purtroppo no. Non essendo parenti o familiari sotto il profilo legale opera una presunzione di onerosità del rapporto di lavoro. L'ispettore del lavoro che dovesse imbattersi in un lavoratore che dichiara di lavorare gratuitamente contesterà al datore di lavoro il lavoro nero. L'imprenditore corre anche il rischio di una possibile azione legale da parte del lavoratore stesso per il mancato riconoscimento della retribuzione e del versamento dei contributi.
FP: La disciplina è analoga sia per il Coltivatore diretto, sia per l'Imprenditore agricolo professionale?
GR: Sì. La norma non distingue tra le due figure. Vi è stato anche un chiarimento del Ministero del lavoro che ha ulteriormente precisato che il lavoro occasionale agricolo è applicabile a qualsivoglia necessità aziendale.
FP: Cosa si intende per attività occasionale?
GR: Per attività occasionale si deve intendere quella caratterizzata dalla non sistematicità e stabilità dei compiti espletati, non integrante comportamenti di tipo abituale e prevalente nell'ambito della gestione e del funzionamento dell'impresa. Il Ministero del Lavoro ha precisato che appare opportuno, anche nel settore agricolo, legare la nozione di occasionalità al limite quantitativo indicativo dei 90 giorni, intesi come frazionabili in ore, ossia 720 ore nel corso dell'anno solare. Il criterio di valutazione non è peraltro destinato a operare in termini assoluti e , qualora si prescinda dallo stesso, i verbali ispettivi dovranno essere puntualmente motivati in ordine alla ricostruzione del rapporto in termini di prestazione lavorativa abituale/prevalente. Il lavoro non è considerato abituale o prevalente se il parente è pensionato o se è assunto a tempo pieno da un altro datore di lavoro. Sono invece più stringenti gli obblighi assicurativi Inail. Infatti, non sussiste l'obbligo assicurativo solo nel caso in cui le prestazioni non siano ricorrenti, cioè rese una/due volte nell'arco dello stesso mese, purché complessivamente non si superino le 10 giornate lavorative annue.