Con una sentenza davvero storica, la Corte di Cassazione ha accolto la tesi della contrarietà all'ordine pubblico delle clausole previste dai contratti "di affitto" di una varietà di uva senza semi, in base ai quali i frutti (e le stesse piante) restavano assoggettate al potere del titolare della varietà anche dopo il pagamento delle somme per l'uso delle gemme necessarie ad ottenere il numero di piante concordato.
A differenza dei precedenti gradi di giudizio, la Suprema Corte ha ritenuto (fin dall'ordinanza interlocutoria) la questione fondata, oltre che di particolare rilevanza per la tutela della concorrenza e della salvaguardia della produzione agricola, rinviandone la discussione in pubblica udienza.
Nella corposa sentenza del 9 aprile, la Corte ha esaminato le clausole del contratto di cui il titolare lamentava la violazione alla luce dei principi elaborati dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea nella famosa sentenza Nadorcott, ritenendo tali clausole in contrasto con le norme imperative a tutela dell'ordine pubblico, disapplicate nei gradi precedenti.
Confermando le conclusioni del Procuratore Generale sul fatto che il riconoscimento in favore del titolare della varietà vegetale di un diritto di proprietà su piante e frutti ottenuti dall'uso autorizzato dei costituenti varietali integri una lesione dei principi attinenti allo sviluppo dell'attività agricola ed alla libera concorrenza, la Cassazione ha annullato la sentenza della Corte di Appello di Milano, affermando il seguente principio di diritto: "In tema di privativa comunitaria per ritrovati vegetali, è nulla, per contrarietà all'ordine pubblico, stante la violazione dell'art. 13, punti 2 e 3, del Regolamento (CE) del Consiglio n. 2100/94, nell'interpretazione fornitane dalla Corte di Giustizia, la clausola contrattuale che attribuisca al titolare dei diritti di proprietà intellettuale sui cultivar brevettati anche il potere di individuare i soggetti ai quali soltanto spetterà la distribuzione dei frutti ottenuti dal produttore precedentemente autorizzato all'utilizzo dei costituenti varietali della varietà protetta da cui quei frutti siano stati prodotti, ove questi ultimi siano inutilizzabili come materiale di moltiplicazione".
La sentenza è anche il frutto della collaborazione tra l'avvocato Roberto Manno (che ha assistito l'imprenditrice agricola Angela Miglionico e il marito Gianni Stea nelle fasi di merito) e l'avvocato Francesco Saverio Costantino (per il giudizio in Cassazione). Secondo l'avvocato Roberto Manno (foto), già interpellato in passato da FreshPlaza per altre importanti vicende legali in materia di varietà vegetali, "la Sentenza della Corte di Cassazione segna una fase fondamentale nell'interpretazione del diritto delle varietà vegetali, un processo tutt'altro che concluso, come dimostrano le attività presso la UPOV di Ginevra. Come avvocati pugliesi, io e il mio collega Francesco Saverio Costantino siamo orgogliosi di aver fornito il nostro contribuito per una pacificazione delle relazioni tra titolari di diritti di proprietà intellettuale e i produttori agricoli".
E infatti, negli ultimi anni sono numerosi i conflitti insorti nelle aule dei tribunali, specialmente in Puglia e relativamente alle varietà senza semi, che portarono anche al procedimento avviato dinanzi all'Autorità Antitrust le cui conclusioni, a differenza della sentenza Nadorcott della Corte di Giustizia, non sono state ritenute in alcun modo vincolanti dalla Corte di Cassazione.