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A Marradi (Firenze) il convegno del Centro Studi Documentazione Castagno

La castanicoltura può crescere e modernizzarsi

Occorre porre un freno alla perdita di produzione di castagne: la castanicoltura deve modernizzarsi e non rimanere relegata ai castagneti tradizionali di montagna. Se ne è parlato nelle scorse settimane a Marradi (Fireze), territorio di produzione del "Marron Buono", dove si è tenuto l'annuale incontro-dibattito sul castagno dal titolo "Nuovi impianti di castagneti specializzati: progettualità e fasi esecutive".

La produzione mondiale di castagne e marroni supera di poco i 2 milioni di tonnellate: la Cina in questi ultimi decenni ha innovato il settore, oggi rappresenta circa il 75% della produzione mondiale.

Il professor Elvio Bellini in un castagneto di nuova concezione

"In Europa - spiegano Elvio Bellini e Luciano Trentini del Centro Studi e Documentazione del castagno CSDC - la produzione è in netto calo e oggi è in grado di assicurare una produzione di circa 160.000 tonnellate (8-9% della produzione mondiale), raccolte su di una superficie di 110.000 ettari circa. Il calo è drammatico se si pensa che solo 50 anni fa l'Europa poteva contare su di una produzione di oltre 450.000 tonnellate. Anche il nostro paese importante produttore e trasformatore segue lo stesso trend e i dati Ismea confermano che nel 2022 su di una superficie di circa 36.000 ettari di castagneti in attività di coltura si sono raccolte circa 57.000 tonnellate di marroni e castagne, produzione che nel 2023 si è ridotta a circa 43.000 tonnellate".

"La produzione di castagne e marroni oggi nel nostro paese deriva quasi esclusivamente da castagneti ormai plurisecolari che spesso hanno rese produttive molto modeste, non sufficienti per remunerare in modo adeguato il castanicoltore. L'incontro organizzato dal Centro di Studio e Documentazione sul Castagno ha voluto fare il punto sul livello di rinnovamento del settore e sulle prospettive di incrementare la produzione nazionale visto che il nostro paese è il maggiore importatore a livello europeo".

Si calcola che l'esborso finanziario per acquistare castagne e marroni, superi mediamente i 65 milioni di euro che vanno a vantaggio soprattutto di Turchia, Spagna, Portogallo, Grecia e anche Albania. Elvio Bellini, nella sua relazione, ha attirato l'attenzione dei presenti sul rinnovamento della castanicoltura e come "oggi sia necessario pensare a nuove forme di allevamento che siano in grado di migliorare la produttività, migliorare la qualità, di ridurre i tempi di gestione del castagneto attraverso una adeguata meccanizzazione e forme di allevamento che lo fanno assomigliare sempre di più a un frutteto. Da realizzare in collina o montagna con le nostre varietà di castagne e soprattutto marroni, già conosciuti e apprezzati dai nostri castanicoltori".

Hanno partecipato all'incontro in qualità di relatori Davide Salvino del Disafa (Unito) che ha presentato una relazione dal titolo "Gestione sostenibile delle biomasse residuali in nuovi castagneti" nell'ambito del Progetto Reaction. Ha posto in relazione la gestione delle biomasse (potature, foglie, ricci, ecc.) presenti nel castagneto come risorsa fondamentale per il mantenimento della fertilità del castagneto e come strumento di difesa da alcune delle patologie. Nell'interagire su questi aspetti, ha dimostrato come la bruciatura dei residui vegetali, pratica ancora in uso presso i castanicoltori, sia dannosa per il castagneto a causa della sottrazione di sostanza organica. Vi sono inoltre altre problematiche ambientali da tenere presenti quali il rischio di incendi boschivi, di emissioni di C02 e di polveri sottili. In questo progetto sono state impiegate a livello sperimentale anche macchine, con conduzione da remoto e non, che sono in grado di agevolare il lavoro dell'uomo sia in castagneti tradizionali che moderni.

Una seconda relazione è stata tenuta da Gabriella Mellano del Dipartimento di Scienze Agrarie Forestali e Alimentari dell'Università di Torino che ha parlato dell'importanza della certificazione del materiale vivaistico in castanicoltura quale strumento di garanzia della sanità del materiale vegetale e per il coltivatore. Mellano ha analizzato gli aspetti relativi alla regolamentazione vigente in materia di certificazione ed ha portato a conoscenza dei presenti la metodologia produttiva necessaria per ottenere una pianta di qualità. La certificazione delle piante di castagno è una pratica recente messa a punto al Centro Regionale di Castanicoltura del Piemonte a Chiusa Pesio (CN), dove vengono applicate le più moderne tecniche per questa attività vivaistica, dalla conservazione del germoplasma, alla pre-moltiplicazione, alla moltiplicazione del materiale vivaistico certificato sia sotto il profilo sanitario che di identità varietale. La certificazione del materiale vivaistico rappresenta una garanzia per i castanicoltori e per la castanicoltura che, come avviene per gli altri fruttiferi, deve seguire adeguati standard produttivi.

Giulio Demetrio Perulli dell'università di Bologna nel suo intervento si è soffermato sulla fisiologia del castagno quale conoscenza per gestire in modo razionale l'irrigazione del castagneto in particolare nei castagneti frutteto. L'esigenza di irrigare il castagneto sino a oggi pratica inusuale, è motivata dal cambiamento climatico, dalla scarsa disponibilità di acqua, dalla esigenza commerciale di disporre di castagne e marroni di elevata qualità. Da qui la necessità di gestire il castagneto in maniera sempre più efficiente. I dati presentati analizzano la risposta fisiologica della pianta del castagno alla irrigazione, in particolare per quanto riguarda la modalità di accrescimento del riccio e di conseguenza del frutto. Una buona gestione del castagneto e il suo costante monitoraggio permettono di mantenere la pianta in buone condizioni, e conseguentemente di aumentare le rese per l'aumento delle pezzature dei frutti, e conseguentemente le rese produttive a vantaggio del reddito del castanicoltore.

Luciano Trentini del CSDC, dopo una breve analisi del settore, ha introdotto il tema del rinnovamento dei castagneti e di come hanno operato altri paesi del mondo ed europei per sviluppare una nuova castanicoltura. La Cina, il Cile, la Turchia, la Spagna, il Portogallo, la Francia e l'Austria attraverso l'ammodernamento dei propri castagneti sono diventati importanti esportatori soprattutto di castagne.

Foto d'archivio Macfrut 2023: al centro, Luciano Trentini ed Elvio Bellini del Centro Studi e Documentazione del Castagno di Marradi. Primo a sinistra, Renzo Panzacchi

"In Italia - ha detto Trentini - sotto questo punto di vista siamo in ritardo, infatti sono ancora molto pochi gli impianti intensivi realizzati con il criterio del castagneto-frutteto. Dopo quanto visto in Piemonte, anche in Emilia-Romagna si stanno affrontando le prime esperienze. Un confronto fatto sull'analisi dei costi di investimento per un nuovo castagneto frutteto comparato con i costi sostenuti in particolare in Francia ha permesso di fare valutazioni economiche puntuali. La scelta dell'Emilia-Romagna è stata quella di predisporre un nuovo impianto coltivato con marroni e non con castagne da ibridi Cino-giapponesi che hanno sì vantaggi agronomici, ma non qualitativi".

Alla conclusione del dibattito sono molti gli spunti di riflessione che sono emersi da questo incontro che hanno aperto la strada alla sessione autunnale dove a tenere banco, oltre al continuo monitoraggio degli aspetti fitosanitari del castagno, saranno analizzati gli aspetti nutraceutici legati al beneficio derivante dal consumo di castagne e marroni a salvaguardia della salute dei consumatori.

Per maggiori informazioni
CSDC Centro di Studio
e Documentazione sul Castagno
Via Castelnaudary 5,
50034 Marradi (FI)
+39 055 8042500
[email protected]