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Crescono le coltivazioni di frutta tropicale in Sicilia, ma ne vale la pena?

Il clima mediterraneo e la possibilità di potervi coltivare piante tropicali può essere un'opportunità per la sostenibilità economica delle aziende agricole siciliane. Il produttore che vuole avvicinarsi a tali coltivazioni, oltre alla buona volontà deve possedere le necessarie competenze. Assolte le dovute indagini di fattibilità agronomiche, serve conoscere anche il rapporto tra costi e ricavi che derivano da un eventuale impianto di frutta tropicale.

Tra gli i luoghi più importanti per la frutticoltura tropicale in Sicilia si annoverano quelli di Balestrate (in provincia di Palermo), la zona che va da Caronia a Capo d'Orlando (in provincia di Messina) compreso l'areale di Milazzo. Estensioni significative si trovano anche in provincia di Catania. Ulteriori approfondimenti hanno dimostrato che anche altri territori possono essere idonei alla coltivazione di avocado, ad esempio nelle province di Siracusa e Ragusa.

Per capire come approcciare a un qualsiasi investimento in questo segmento bisogna compiere un'analisi sulle tendenze del consumo, meglio se su scala globale. Infatti è stato appurato un sostanziale incremento della domanda soprattutto negli Stati Uniti e in Europa, dovuto alla crescente consapevolezza circa i benefici nutrizionali dei frutti tropicali. In Europa ciò ha consentito alle principali referenze tropicali di ampliare il proprio raggio d'azione dai mercati di nicchia ai mercati principali, intercettando dunque un più largo consumo, come evidenziato in particolare nel Regno Unito e in Germania. Oggigiorno, tuttavia, non vi è punto vendita che non esponga frutti tropicali, anche in Italia, da nord a sud indistintamente.

Quel che occorre inoltre conoscere è l'incidenza dei costi di un frutteto tropicale. Per questo l'Università di Palermo ha condotto alcuni anni fa uno studio di comparazione tra i costi d'impianto di un aranceto e un mangheto, considerando tutti i costi necessari per la sistemazione del terreno, la concimazione, l'acquisto e messa a dimora delle piante, impianto irriguo, trattamenti e manodopera. Se il costo per l'aranceto si è fermato a circa 15mila euro per ettaro (dati 2018), quello del mangheto si è rivelato raddoppiato A fronte di ciò, i tempi di ammortamento sono differenti perché la capacità produttiva del mangheto (cv. Kensington Pride) può decrescere con un anticipo anche di 20 anni rispetto a un aranceto (Washington Navel). Assolutamente impari il prezzo medio di vendita che, quell'anno, si è consolidato a 2,40 euro al kg per il mango e a 0,32 euro al kg per l'arancia. Certo non tutti gli anni sono uguali e bisogna considerare le dinamiche commerciali che per ogni stagione possono essere diverse.

Grande la disparità anche nella resa, che si attesta a poco più di 13 ton/ha nel caso del mangheto, rispetto alle 30 ton dell'aranceto. Il mango però è stato venduto a quasi 8 volte il prezzo dell'arancia, mentre il reddito lordo risulta praticamente decuplicato.