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La Sicilia ha superato il 25% di produzione bio, ma i consumi restano bassi

A che punto è l'agrumicoltura biologica nel Mediterraneo?

Nei giorni scorsi, presso il CREA-OFA di Acireale (CT), si è svolto il seminario dal titolo "Focus sull'agrumicoltura biologica nel Mediterraneo: Strategie di adattamento e mitigazione al cambiamento climatico applicate all'agroecosistema agrumicolo biologico nel Mediterraneo".

Nel corso dei lavori, è stata posta particolare attenzione sulla necessità di strategie efficaci per affrontare il cambiamento climatico nell'ambito dell'agrumicoltura biologica. La Sicilia, una delle regioni che ha investito maggiormente in questa produzione grazie alla sua biodiversità unica, ha già raggiunto e superato in largo anticipo l'obiettivo fissato dal Green Deal per il 2030, pari al 25% di superficie agricola utilizzata per il biologico. Tuttavia, nonostante questi risultati sul piano produttivo, il consumo di prodotti bio in Sicilia resta ancora troppo basso, con una limitata introduzione nella ristorazione pubblica. Tale situazione riguarda l'intero territorio italiano.

Sopra, i relatori. Al centro, Federica Argentati

Al seminario è seguita una tavola rotonda dal titolo "La voce ai produttori bio: esperienze, problematiche, attese e prospettive a confronto con la ricerca scientifica e non solo", offrendo un confronto diretto tra i produttori biologici e il mondo accademico.

Durante l'evento, Federica Argentati, Presidente del Distretto produttivo Agrumi di Sicilia, ha sottolineato l'importanza del biologico: "Essa rappresenta un pilastro fondamentale, non solo per la tutela dell'ambiente, ma anche per la salute del consumatore. Se vogliamo davvero promuovere una cultura del biologico, è essenziale far comprendere ai consumatori quanto sia importante ciò che mettono nel piatto. La salute delle persone è strettamente legata alla qualità del cibo che consumiamo, e i prodotti biologici offrono una garanzia in tal senso. Purtroppo, l'agricoltura biologica ha incontrato ostacoli, spesso dovuti alle pressioni delle lobby, che ne hanno rallentato lo sviluppo. Tuttavia, è arrivato il momento di fare un salto di qualità, sensibilizzando non solo la popolazione, ma anche le istituzioni. Per rendere il biologico accessibile a tutti, è fondamentale rivedere i costi lungo la filiera, garantendo un prezzo giusto, che rifletta la qualità del prodotto".

"Come Distretto - ha continuato Argentati - siamo impegnati in operazioni di sistema per promuoverlo. Collaboriamo con diverse realtà e realizziamo iniziative mirate per diffondere la cultura del biologico, non solo tra i produttori, ma anche tra i consumatori finali. È fondamentale, infatti, che il consumatore si senta rassicurato e sappia esattamente cosa sta mangiando. Il biologico non può essere ridotto a una semplice 'produzione di carte ': deve diventare sinonimo di trasparenza, qualità e tracciabilità. Per questo, è indispensabile potenziare le certificazioni e i controlli, anche attraverso l'utilizzo di tecnologie innovative, come ad esempio la blockchain".

"Se vogliamo davvero incentivare il consumo di prodotti biologici – ha proposto la presidente del Distretto - dobbiamo creare una sinergia tra filiera, organizzazioni e istituzioni. Questo significa non solo migliorare la tracciabilità e garantire che ciò che il consumatore acquista sia effettivamente biologico, ma anche adottare misure concrete, come la detassazione al consumo dei prodotti biologici certificati. Solo attraverso un impegno congiunto riusciremo a rendere il biologico una scelta accessibile e sostenibile per tutti".